Love, Victor (Hulu)



“- Sai, Simon, molti ragazzi odierebbero cambiare scuola a metà anno perché il padre ha cambiato lavoro, ma onestamente io ero eccitato all’idea di ricominciare da zero. Non che la mia vita in Texas fosse così orribile, solo che non c’era spazio per essere diversi”



“Love, Victor” è lo spin-off del film cinematografico “Love, Simon”, divenuto in Italia “Tuo, Simon”, diretto da Greg Berlanti che qui (per fortuna) non compare nemmeno tra i produttori. A creare questa “nuova versione” ci sono Isaac Aptaker ed Elizabeth Berger, basato ancora una volta sul romanzo “Simon vs. the Homo Sapiens Agenda”, distribuito in Italia col titolo “Non so chi sei, ma io sono qui” della scrittrice Becky Albertalli. Produce e narra la serie Nick Robinson, il protagonista di “Tuo, Simon”. 



Stavolta però lo show ci racconta la storia di Victor (Michael Cimino), studente della Creekwood High School, ragazzo di origini colombiane che cerca di affrontare le sfide della vita tra problemi a casa ed il suo orientamento sessuale. Nel cast anche: Mia Brooks (Rachel Hilson), amica di Victor, molto intelligente e perspicace; Felic Westen (Anthony Turpel), vicino di casa strambo del protagonista; Lake Meriwether (Bebe Wood), migliore amica di Victor; ed infine Benji Campbell (George Sear), compagno di classe di Victor, che prova dei sentimenti per lui. La serie ha un cast quasi interamente di adolescenti, fatta eccezione per i genitori del protagonista, Armando (James Martinez) e Isabel (Ana Ortiz), parte però fondamentale di tutto il contorno di Victor, assoluto accentratore di una serie delicata e deliziosa, che riesce a far emergere la parte bella dell’adolescenza, quella che mancava da tanto tempo in Tv. Bella la colonna sonora ed interessanti i dialoghi che si intersecano facilmente in una narrazione che però rimane sintonizzata ad una velocità medio-bassa, risultando un po’ troppo dilatata nei 10 episodi che compongono la prima stagione, ma che riescono in qualche modo a trattenere il telespettatore nella storia, senza però strafare, senza cercare inutili colpi di scena o allarmismi catastrofici. Il tutto risulta armonioso ed interessante. Di certo ci sono di base le solite cose: la famiglia che si trasferisce da una città all’altra, in questo caso da uno Stato all’altro, dal Texas ad Atlanta, i classici problemi dell’età adolescente, prime cotte, segreti, un po’ di bullismo, i primi approcci al sesso, ma tutto è fatto senza la violenza tipica che vediamo purtroppo molto spesso ultimamente in Tv in qualsiasi show. Qui c’è grazia, amore, dolcezza, è una storia quasi sussurrata, ma forte. Gli spin-off in genere soffrono sempre la rivalità col fratello più grande, diventando molto spesso serie di secondo piano, o peggio, serie di qualità nettamente inferiore, qui invece il contrasto non si vede, ed anzi, a dirla tutta, la serie brilla di luce propria e risultando decisamente al di sopra del suo predecessore, con una qualità nettamente superiore. “Love, Victor” diventa quasi uno strumento pedagogico su come le famiglie si dovrebbero comportare ad un possibile coming out del figlio. Pecca dello show è che non riesce completamente a staccarsi mai dalla figura di Simon, il protagonista del film cinematografico, perché è Victor che continua ad essere morbosamente legato a quella figura là, visibilmente invidioso della vita di quel protagonista, tanto che decide nell’ottavo episodio di incontrarlo per dirgliene quattro, per dirgli che non è così facile come lui ha scritto sui social e sui libri, perché non tutti hanno una famiglia e degli amici così liberi mentalmente, tanto che la voce narrante di Victor continua a riferirsi, nel raccontare la sua vita, a Simon, ma così facendo la trama un po’ risente di questa zavorra di cui il protagonista non riesce chiaramente a liberarsi. Ma la serie ha ottime potenzialità e siamo in territorio Hulu e anche stavolta il network non delude.



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