Away (Netflix)

Away (Netflix) “Mio marito è stato al mio fianco in ogni passo di questo cammino… siamo entrambi addestrati per essere astronauti e se non fosse per motivi di salute partirebbe lui, invece in qualità di ingegnere capo del nostro razzo, ci guiderà dal controllo missione” Da anni guardiamo serie di carattere fantascientifico e da anni restiamo sempre delusi e perplessi trovandoci di fronte serie per lo più prevedibili e poco efficaci dal punto di vista narrativo. Finalmente però è arrivato “Away”, nuova serie della Netflix, a risollevare un po’ le sorti di un settore sempre più in decadenza. Tra i produttori esecutivi spiccano i nomi di Jason Katims e Matt Reeves, già dietro le quinte di serie come: “Roswell”, “Parenthood” e “Felicity”, con gli showrunner Jessica Goldberg e Andrew Hinderaker e la regia di Jeffrey Reiner, mentre davanti le telecamere spicca il volto del premio Oscar, Hilary Swank. Qui l’attrice interpreta Emma Green, astronauta americana che è stata scelta come comandante di una missione su Marte che la porterà tre anni lontana dalla sua famiglia, dal marito Matt Logan (Josh Charles), anche lui astronauta che sarebbe dovuto partire al posto della moglie, ma è costretto a cederle il posto a causa di una malattia e la loro figlia adolescente Alexis (Talitha Bateman). Il cast si completa con il team che dovrà partire in missione con la nostra protagonista: Kwesi (Ato Essandoh), botanico e astronauta ebreo, Ram (Ray Panthaki), indiano e copilota della missione, Misha (Mark Ivanir), ingegnere russo, ed infine Yu (Vivian Wu), chimica e astronauta cinese. Dieci gli episodi totali che vedono coinvolti anche altri personaggi, perché il cast è decisamente più numeroso, ma nella sostanza sono tutti personaggi ben caratterizzati e definiti e molto ben interpretati dai rispettivi attori scelti. A farla da padrone, oltre all’aspetto visivo molto interessante, è la parte drama della serie, la parte legata più ai sacrifici e alla famiglia e la Swank è capace nel far emergere l’aspetto donna in carriera, donna mamma e donna moglie, ma anche donna fragile, che esce da un trauma di non poco conto, ma equilibrando tutto alla perfezione e riuscendo ad essere tutto senza passare per una supereroina. In fin dei conti i problemi che Emma si troverà a dover risolvere a livello familiare, ma soprattutto in missione, sono gli stessi problemi che anche un uomo potrebbe incontrare ed è interessante proprio vedere come il ruolo di Emma viene trattato con la normalità dovuta e voluta, in concomitanza del fatto che la donna ha fatto tantissima strada per arrivare dov’è adesso, senza spinte e raccomandazioni, ma solo utilizzando le proprie capacità. La bellezza di “Away” sta anche nell’aver voluto rendere il più reale possibile una missione che ad oggi sembra nella realtà così lontana e il conseguente tanto agognato sogno di fare il primo passo su Marte. Ma ce ne sarà di strada da fare. 10 episodi che rispecchiano quello che potrebbe avvenire in un futuro che non sembra poi così distante ed anche questo è il compito di “Away”, farci sognare. L’aspetto drama però offusca quello puramente action e fantascientifico, rendendo la narrazione a tratti un po’ lenta e ricca di “buono”, dove il “male” fa solo da richiamo molto lontano. Qualche cliché eccessivo, un po’ di lentezza di troppo, ma tutto sommato una buona serie ed una prima stagione che crea basi solide per il probabile proseguo di storia.

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