Francesco Bianconi, la recensione di Forever

Spoglio, intenso, e decisamente poetico, di una poetica che è vitale, tanto più così vicina all'essenziale,  è questo esordio da solista di Francesco Bianconi, Forever. Dieci brani per pianoforte e archi, il Balanescu Quartet e i pianisti Michele Fedrigotti e Thomas Bartlett che si alternano nell'esecuzione di canzoni che arrivano alla pancia e vanno dritte al cuore che è un piacere. A far da vera e propria pulsazione vitale più che da semplice ritmo, sono le parole scelte con cura  come sempre da Bianconi che mischia alto e basso solo come lui e pochissimi altri sanno fare, quanto meno in Italia. Il risultato è un lavoro che ha necessariamente bisogno di più ascolti ma che affascina sin da subito grazie alla capacità di Francesco di descrivere un mondo in pochi versi, a rendere come si deve, tutto il peso di un’atmosfera con una capacità di sguardo che  diventa una  lucida sincerità, e che via via si fa sempre più spiazzante. L’album vede la produzione di Amedeo Pace dei Blonde Redhead e la presenza di ospiti prestigiosi come Eleanor Friedbergerm Rufus Wainwright e Kazu.


Il bene: il primo singolo estratto: “non è tempo di cantare alterare la realtà però anche Schopenhauer scrisse di felicità” è una ballad morbida che si dipana sinuosa: “e allora andiamo via e poi gridiamolo a qualcuno che staremo sempre insieme”.

L’abisso: "lasciò la terra come un dio del rock", il secondo singolo estratto, forse il testo più poetico del lotto, toccante, a tratti persino struggente “conosco bene gli uomini racconto i loro demoni ma non riesco a scriverne dei miei” vivere o non vivere… con tanto di speranza nel finale coi violini protagonisti

Andante: in duetto con Rufus Wainwright, che canta anche in italiano, è un brano che parla d'amore in termini non banali e che ricorda il Battiato de La cura per certi versi: “In questa stagione di niente con i fascisti in città, ignorare il passato e il presente, farti da mangiare questo è l’importante e pensare a Dio che si perde in te”. Musicalmente parlando il titolo è alquanto esplicativo.

Go: con Kazu dei Blonde Redhead, è un duetto fantastico e ipnotico nel quale le due voci si sposano a meraviglia, cinematografica e intensa, col ruolo degli archi che diventa via via predominante.

Fàika Llìl Wnhàr: con Hindi Zahra in ljunga araba, è un’aria sfuggente e malinconica.

Zuma beach:  suggestiva, cinematografica:“tutto brucia siamo sani abbiamo voglia vino ballare al concerto dei Pixies sputa il dolore più forte che puoi “ nel ritornello prende un mood decisamente anni 60.

The Strength’: con Eleanor Friedberger, dal mood minimale, ha i colori di un bozzetto autunnale.

Assassinio dilettante: "vuole uccidere il padrone che gli ha dato da mangiare vive ancora a casa sua" la ribellione solo a parole, intensa e minimal, tragica nel suo dipanarsi armonico e nell’arrangiamento “ e invece cade sul fondo di un altro mondo, gli occhi di sua figlia”.

Certi uomini: pianoforte e archi per questa ballad che si adagia morbida su parole quanto mai schiette, terzo singolo estratto da Forever: la vita non è razionalità ma istinto, e per vivere al meglio bisogna essere più naturali possibile, per dimenticare tutto ciò che non è essenziale: “Io so che son venuto dalla fica e so che li voglio tornare per avere l’illusione e l’impressione di inventare un tempo buono, un fiore rosso, una preghiera contro il male. Perché io vivo come fossi un animale, perché io vivo perché sono un animale.“Perché io vivo perché ho voglia di morire”.

Forever: la title track, che chiude l'album, è strumentale, ha una melodia obliqua e tesa, carica di malinconia, con gli archi che si prendono la scena, con un finale in crescendo.



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