Samuele Bersani, la recensione di Cinema Samuele


Sette anni dopo Nuvola Numero 9, torna Samuele Bersani con Cinema Samuele e con “Canzoni d’amore altamente nocive per un cuore già troppo pulsante” come recita il ritornello di 'Harakiri' il primo singolo estratto. 

Cinema Samuele


"Harakiri" è il brano più adatto a rappresentare e lanciare un album molto sofferto. In quanto troviamo la perfetta sintesi del punto di vista del narratore o 'voce off' che dir si voglia, di questo album. In Harakiri, Bersani si immedesima nell’altro, raccontando una storia che “metaforicamente parlando” è la sua. Ed è laconicamente così palese che è ineccepibile il modo in cui Samuele faccia coincidere questi punti, piani di vista di sorta, che l’empatia scatta al quadrato. Questa è la chiave di volta di "Cinema Samuele", mentre i brani scorrono ora più personali, ora, ma solo apparentemente, più distaccati. Come se il cantautore fosse il Marcello Rubini della sua vita. Che è anche tanto la nostra. Tema fondamentale è altresì il ruolo della concezione del tempo. Emergono preponderanti i tratti di un passato che è si rivelato ostile, menzognero, il presente lo ritroviamo nel mood che permea certi pezzi intrisi da sapori quasi adolescenziali, nel cercare la bellezza di un primo incontro, di una malinconia positiva, di una nostalgia buona. Il futuro da questi contrasti di luce e buio, di penombra autunnale, non può che essere dispotico ma nella sua infinita incertezza diviene sinonimo di rinnovata vitalità. Musicalmente Bersani ritrova il periodo di "Caramella Smog" e "L'Aldiqua" per l'uso delle melodie e della strumentazione 'da studio', dosando intelligentemente la parte elettronica. Ben venuti nella multisala di Samuele Bersani, la 'fotografia' di questi spaccati di vita è la sua, il ciak invece, del produttore Pietro Cantarelli.

Le Canzoni 


Sala 1. Pixel: “Non è colpa del mixer se ho la voce più triste, tu lo sai, non avvicinarti, è meglio ci si conosca prima per il male che mi farai” ritmica leggera nella strofa, coi synth a riempire un mood notturno, a 'cascata', cosicchè anche i suoni è come se venissero ricomposti e fusi non dalla retina ma dall'orecchio in questo caso, come onde sonore che invadono tutt'intorno: “Profuma come un principe decaduto e andato a sbattere che ha perso il regno in una notte davanti ad una slot”. La melodia, in minore nel ritornello, si apre pur rimanendo sospesa l’atmosfera a conferire intensità: “Se mi obbligassero a un Dio io non ci crederei mai”. Bersani cerca di ricomporsi, unendo i tasselli di una vita come puzzle... e scoprendo che ha ancora un panorama bellissimo.

Sala 2. Il tiranno: "Mai la diversità è stata una colpa così spaventosa come in questo periodo di tolleranza" diceva Pasolini. Lui che definiva il capitalismo “l’ideologia reale del potere”. Questo concetto Bersani l'ha fatto canzone, per donarci "un brivido sulla schiena": “... e poi c’è la luna che si gode dall’alto la scena a un millimetro dalla sua gola, la mano però mi trema” un pop rock che sfiora gli anni ’80 nell'uso dell'elettronica, l'arrangiamento è ben curato nei dettagli, con le parti strumentali affidate ai synth e a massicci e nervosi drums. Inoltre, dal punto di vista melodico, il chorus può ricordare l'umanoide "Daitan 3". Ed è qui che emerge il Bersani che non vuole mollare la sua vena seriamente ironica, riuscendo con la veste musicale a fornire uno sguardo pressocchè ingenuo del mondo che “odora di profumo adolescenziale” e ci piace un sacco.

Sala 3. Mezza bugia:Si salvano soltanto le stranezze e le proposte oscene che sfoderi ogni volta, io aggiungo le mie spezie al tuo risotto invece di restare sulla porta...". La strofa ha il piglio di una filastrocca dalla sezione ritmica avvolgente, stile tipico del nostro, capace come pochi di mischiare toni, atmosfere, melodie, alterazioni non solo su un pentagramma: “Come fossimo dentro un partito arrivato al suo atto finale per mancanza di democrazia non esiste una maggioranza alternativa alla tua” e, dai toni inequivocabilmente incazzati di Bersani, 'anche un calcio nel culo va bene...', ogn tanto, anzichè "chiudersi a chiave".

Sala 4. Il tuo ricordo: Disco su disco Bersani ha sempre partorito dei brani intensi, di una bellezza disarmante. Da Giudizi Universali a Replay, da "Crazy Boy" a "Lascia stare", centellinando parole, assonanze che si mischiano con i sentimenti più disparati, anche nelle canzoni meno note del suo incredibile repertorio. E lo fa anche in questa 'Amarcord': “Chi è un abusivo, chi paga intero, proprio così se non vi è chiaro il concetto: il passato non paga nemmeno il biglietto” ballad al pianoforte, aurea sospesa, parole che sono come un macigno “il passato è una droga che non ho più intenzione di prendere” e "il tuo ricordo trova un buco nella rete, si infila dentro il cervello e fa il padrone...". Una "trappola" quella di Bersani, vivida, appassionata, che ci lascia senza fiato e con le lacrime agli occhi.

Sala 5. Harakiri: il primo singolo estratto non a caso: "Stava facendosi harakiri chiuso in un cinema porno francese ma dopo i primi tentativi, non è il momento, disse, poi si arrese...” ad una strofa accattivante e a un ritornello dal mood consolatorio. ”Poi dopo una serie giorni infelici Venne fuori vestito di bianco. Sembrava una lucciola in mezzo a un blackout”. Un uomo solo, un eremita - come racconta il videoclip con soggetto di Pacifico - per rappresentare quel periodo che spesso l'uomo vive quando è in cattività, quando ha il cuore oppresso e la mente colma di pensieri. Ed è lì, quando tocchi il fondo, che trovi la forza di ricominciare. 


Sala 6. Le Abbagnale: il brano che incuriosisce già dal titolo e che non ti aspetti: "Una serie di motivi nati in quel buio e poi chissà su cosa fondarono l'intesa...". Citando gli Abbagnale più famosi del canottaggio, il cantautore di Cattolica racconta la storia di due ragazze diverse per estrazione, sempre insieme, cariche "di elettricità", che nel paese le definiscono "sorelle" ... e invece non c'è cosa più pura di chiamarlo amore. Un brano popolare e colto al tempo stesso, con i fiati in evidenza fino alla totale liricità: “Le ha unite una città rimasta a lume di candela”.

Sala 7. Con te:  “Dove sei quando serve qualcuno di concreto? Ti fai volatile lasciandomi indietro” sorta di fiaba portata per mano dal pianoforte, che non vuole uscire dalla malinconia. Quasi fosse l’altra faccia della medaglia, ovvero il piacere della sofferenza de 'Il tuo ricordo', perchè qui Samuele vuole dirle ancora qualcosa, perdendo "ogni forma di difesa", mostrandosi nudo: “Ascoltami non mi hai mica offeso, le metafore in questa storia sono tutte di un certo peso..."

Sala 8. Scorrimento verticale:Ho chiuso gli occhi e acceso un mutuo per abitare questo buco” cantando i 'social addicted' col suo solito garbo e ironia, in piena consapevolezza; il protagonista del brano è cosciente del suo male a differenza dello "Scrutatore non votante" la cui storia era narrata in terzo persona. Qui Bersani facilmente si identifica perchè anche lui è caduto nella "rete" più indistricabile dei Social Network. Musicalmente sono gli archi a portare variazioni alla struttura, assieme a una ritmica sostenuta e al pianoforte che impreziosisce il tutto con interventi mirati, così come puntuale è il "bridge" dei grilli a irrompere nel silenzio ammorbante. 

Sala 9. L’intervista: difficile per chi fa critica musicale, non rivedersi in questi panni, per tanti motivi. L'autore in questo caso ironizza sull’artista alle prese con un’intervista che non vuole fare. Bersani però si mette nei panni dell’altro, del  giornalista che… niente spoiler se non "una penna feroce" e tanta empatia per il protagonista. Un pop moderno e gradevole, con un buon tiro e ballabile: “Ho un nascondiglio nella mente e anche per oggi niente traffico, lo dico sottovoce, infatti non cambia niente... c’è uno sciopero”. 

Sala 10. Distopici (Ti sto vicino): “Avremmo fatto insieme un figlio ma hanno poi vinto i se, le paure, l’egoismo che ci ha imprigionati e ci tiene sciavi” incisivi arpeggi di chitarra e chorus che sembra invocare Lucio Dalla: “Cosa ti immagini ci capiterà di così orrendo ancora?”. Scritta prima del lockdown pandemico, è doppiamente da brividi. Citando un altro film, visto che siamo in tema, Bersani si trasforma in "L’uomo che fuggì dal futuro".

Si esce di scena. Più ricchi, con gli occhi colmi di meraviglia.





 

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