Beppe Dettori e Raoul Moretti: la recensione di "(In)Canto Rituale" omaggio a Maria Carta

 


Maria Carta è la voce della Sardegna. Femmina, isolana, sprigiona luci e ombre di una terra meravigliosamente complessa, come ogni lembo di terra circondato dal profondo mare, di gente che arriva dal porto, che arriva e riparte, di gente che non partirà mai. Ci sono troppi ricordi dentro questo sentito e cullante omaggio di Beppe Dettori, del bambino che riemerge, alla cantastorie Maria Carta, la Rosa Balistreri sarda. “(In) Canto Rituale” è un album – registrato al Tangerine sa Pedra (SS) da Federico Canu con Giovannino Porcheddu di Undas - in cui Dettori coinvolgere uno degli arpisti più innovativi del suo tempo, Raoul Moretti. Un sardo e un musicista nato in Svizzera che si ritrovano a dare nuova linfa alla musica e alle narrazioni dell'artista scomparsa negli anni '90, innovandoli con la delicatezza di un soffio su un petalo.

(In) Canto Rituale non poteva iniziare che con un incantevole "Stabat Mater", tradizione cristiana di canti spirituali, con l’arpa che crea una “illusione silente”, un’aurea di benessere avvolgente, che abbraccia con il testo in lingua sarda riadattato. Naturale proseguo è la preghiera “Deus ti salvet Maria”, ovvero Dio ti salvi Maria, dove leggiadri arpeggi e armonici accompagnano la liricità vocale di Dettori, intensa e dolorosa, soprattutto se pensiamo al periodo difficile che stiamo vivendo in questa emergenza sanitaria che ci chiama in causa, che ci vuole distanti e uniti in un unico inno, intimo e puro, preservando l’aspetto popolare del brano. Nella seconda parte le chitarre si fanno più presenti e pressanti. “Ombre” è l’unico brano mai edito, perché tratto da un libro di poesie dell’artista di Siligo in lingua italiana e pubblicato, una decina di anni fa, dalla testata giornalistica “La nuova canto rituale”. Un intro Asmr noise, che solletica il collo, rievocando la Maria bambina che gioca tra i campi, in riva al fiume. Etereo e sospeso grazie all’arpa, luci e ombre esalano tra paure ed eccitazioni per nuove scoperte: “Al profumo delle stagioni, ai pensieri rinnovati dell’innocenza… voi correte al canto delle favole antiche…”.

Graffia lentamente “A bezzos de iddha mia” a “dimenticare e a lasciare”, con la voce che si fa sottile prima e più potente dopo, quando Dettori ci ricorda i Tazeda. Il nostro si abbandona agli arpeggi di una 6 corde popular che viaggia nell’entroterra sardo, fatto di tradizioni, costumi, odori e sapori agri e dolciastri, come la terra mediterranea. Chitarra e arpa si guardano e si lasciano coinvolgere dal connubio di emozioni che trovano nel finale piena libertà di espressione. Stesso mood in “In su monte Gonare” in cui l’arpa elettrica di Moretti simula un marranzano, mentre una nenia aleggia tra gli armonici della guitar. Pezzo che si fa cupo a tratti, come i monti sardi, colmi di mistero, con l’autore che riesce a spingersi fino alle sonorità tipiche della tradizione indiana. E’ un “Ballu” popolare sardo, allegro, con l’arpa curiosa, con Dettori che sprigiona tutta la sua potenza vocale, usando l’ugola come un vero e proprio strumento, il terzo di tutto il disco che, davvero, non ha bisogno di altro, è minimal e incisivo al tempo stesso.

Procede sinuosa “Corsicana”, ponte tra due isole che si guardano, si scrutano, con Moretti che intona la habanera Gris dell’arpista cubano A. R. Ortiz. Sardegna e Corsica, così vicine eppure appartenenti a due diversi stati, ma con usi arcaici similari, così come evidenziato nell’album “Animantiga”, viaggio tra Liguria e Corsica della compianta Roberta Alloisio con Stephanè Casalta. “Corsicana” è musicalmente eccessivamente molto dilatato. “No potho reposare”, precedentemente “Adiosa”, è un canto tradizionale, uno dei più interpretati in lingua sarda nel mondo. Ancora un sound sospeso e in sottofondo l’arpa magica. Dettori ne fa una preghiera che aleggia su tutto e tutti, cantando l’amore in senso lato… l’ultima strofa fu scritta proprio da Maria Carta e il brano chiude perfettamente il “rituale”, tra disincanto e dirompente forza delle radici.

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