Daniele Fortunato: la recensione di "Quel filo sottile"

 


"Quel filo sottile" è il nuovo album autoprodotto, del cantautore Daniele Fortunato, inciso al Marzi Recording Studio di Riccione sotto la regia di Daniele Marzi. Si tratta di quello che possiamo definire un “concept amoroso”, di un amore giovane che vive nei ricordi dell'autore protagonista, che ne assapora ancora l'essenza, i passaggi, i sentimenti diversi a seconda il periodo della vita. Fotogrammi che scorrono fino a giungere all'amore consapevole dove Fortunato trova un appiglio sicuro, un porto dove approdare felice, lontano dalla bruttezza creata dall'uomo. Al disco collaborano Milko Merloni al contrabbasso, Gianluca Nanni alla batteria e Massimo Semprini al sax.

Le prime pagine”: un pop sinuoso dalle venature latine, leggero come “questo rischio è la felicità”, di un amore nuovo che nasce più consapevole e con più aspettative, ma con la voglia della scoperta tipica dell'amore adolescenziale. Le trombe sono storte, non perfettamente accordate.

Aurora”: un country con le chitarre nervose in bella mostra, la voce candida di Daniele Fortunato che ricorda Eduardo De Crescenzo con la “liricità”, soprattutto nel ritornello, di quelle “malelingue” cantate da Ivan Graziani: “Aurora che cosa rimane di te, l'assenza, l'essenza di te”, una ragazza che è conservata nei ricordi di un uomo e del suo guardarsi indietro ancora ragazzo, volubile e spensierato come questo folk.

Maldestri mancini”: “Vent'anni son passati, un soffio sulla nostra età...” un altro ricordo, quello di una storia tra due mancini, “lo sguardo di un momento”, un valzerino elegante. Anche qui si sente una 6 corde un pò scordata.

L'intelligenza delle sfumature”: cerca di “moderare un poco il sale” ed evitare “la retorica dei giusti”. Quei piccoli imprevisti che accadono nella vita quotidiana e che possono inficiare un rapporto di coppia. Ma... keep calm e niente “odio contro odio”. Sax e drums a donare jazz al pezzo che segna il tempo perfetto dei 2'22” per goderne al meglio.

Barafonda”: una ballad di chitarre morbide che racconta un fatto realmente accaduto nella spiaggia di San Giuliano a mare nel '43, nel riminese. Una balena si arena, e in questo testo due fidanzati guardano la scena come proiezione del male degli uomini: "Ognuno ha il suo mostro che invece di odiare dovrebbe lasciare...libero nel mare"... perchè, come ci insegna anche Samuele Bersani, questo è “un mondo di mostri a due zampe”...

Come le stelle”: con voce sottile Fortunato canta “... fa male poi lasciarsi, nella notte salutarsi...” un amore fugace, quella fase che un po' tutti vivono. E se la vivi in Piazza Maggiore ha inoltre indubbiamente un altro gusto perdersi (anche se a Bologna non si perde neanche un bambino, cit.) per poi ritrovarsi in questa fresca rumba di “anime affini”.

Quel filo sottile”: la title track solo voce e chitarra chiude il cerchio del 'concept amoroso'. Una relazione che diventa solida, che guarda al passato e lo vede riflesso negli occhi dei propri figli, quelli presenti e quelli che verranno e “se mi perdo nel buio penso a te”. E il nostro si sente a casa. Finalmente.


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