Geddo, la recensone dell'album "Fratelli"


Cantautore vecchio stampo, Geddo in “Fratelli” dà vita a un folk d'antain con alcune collaborazioni che vogliono dimostrare l'importante vicinanza – in questo momento di emergenza sanitaria per il nostro Paese e per il mondo – degli artisti, distanti ma vicini in un unico intento, quello di sostenere la musica e la cultura che oggi pagano un prezzo altissimo. E Geddo ha ben inteso il valore dello stare insieme, del fare rete, costruendo un album corale, ricco di interventi e di musicisti di tutto rispetto. 

“Fratelli” è un disco folk, intriso da congetture rock, pop, funk, blues, molto variegato sia nel sound che nelle tematiche, passando dall'avere una visione chiara del presente e del passato, al cantare d'amore in tutte le sue forme, di donne e di uomini, di valori perduti con la forza di incazzarsi ancora. I brani sono 13 e il tutto è un po' pesante. Ad alleggerire “Fratelli” - registrato all’Actone recording studio di Albenga - i momenti strumentali di: Matteo Ferrando, Dario La Forgia, Mauro Vero, Paolo Bonfanti, Paqolo Magnani, Fabio Biale, Roberta Carrieri, Sergio Cocchi, Lorena De Nardi, Nico Ghilino, Folco Orselli, Michele Savino, Federico Sirianni, Rossano Villa, Alberto Visconti.

Su la testa è un brano corale, che ospita I “fratelli” di musica Folco Orselli, Federico Sirianni e Alberto Visconti. Chitarre in mostra per cantare la fame di palchi, di condivisione, soprattutto in un momento difficile come quello che stiamo vivendo. “... sporcatevi le mani, su la testa per quel che resta della musica senza domani” e una dinamica per dare “valore ai sogni” e “onore alle canzoni”, per non svendersi. Un intro di solo guitar per “Parlandone da vivo”, senza “il senno di poi”  con venature rock grazie alla 6 corde di Paolo Bonfanti che sostiene il brano anche con un assolo suadente. “Differenze” quelle tra uomo-donna, ma poi non così tanto, come quella che unisce questo brano con “L'isola che non c'è” di Edoardo Bennato. La differenza più lampante, cantata assieme a Nico Ghilino, è quella della mancanza di dialogo; mentre il violino del bravissimo Fabio Biale veste di irish questo folk.

Si calca il rock-blues puro in “Come un Pazzo”, con le chitarre martellanti e distorte: “Io amo come un pazzo, come un folle, amo i i giorni che ti vedono presente” e l'energia di Geddo deriva proprio dalle emozioni e dalla passione. I cori sono di Lorena De Nardi mentre la tromba è di Raffaele Kholer, scelto probabilmente non a casa, visto che Kholer è il musicista che ha fatto emozionare gli italiani durante il lockdown di marzo scorso, suonando dalla finestra “O mia bela Madunina” in una Milano deserta. Qui la tromba di Kholer ritrova sicuramente vigore. Geddo in “Fino all'alba” si trasforma, mettendo su un pop col ritmo alla “Salirò” di Daniele Silvestri, giocando con l'ironia di chi “fa un giro in discoteca”; l'autore vuole prendere un po' in giro la movida finta come le pose su Instagram. Generazionale anche “Resta”, cantata con voce imprecisa, con la batteria in evidenza; Geddo chiede “non offendere il mio cuore”, invita a sognare di più “a occhi spalancati”, cantando contro l'appiattimento che vede nei volti dei suoi coetanei, ponendosi qualche domanda. Nella seconda parte si cambia ritmo con le chitarre funk di Mauro Vero, mentre i violini magici di Fabio Biale riportano il brano verso un rock sostenuto dall'elettrica. Qui anche i controcanti di Nico Ghilino.

“E fanculo all'orgoglio” apre “A colpi di karate” dove emerge la rabbia del nostro in una ballad dove risuonano l’hammond e il rhodes di Sergio Cocchi e l'elettrica di Paolo Magnani. Il duetto Biale-Bonfanti arricchisce “La guerra tra poveri” che inizia con Geddo che rappa “noia” e “frustrazione” per urlare contro i puristi, contro chi si spartisce le briciole e contro l'ipocrisia: “Distruggevano l'Europa senza sapere di farne parte” allora come ora. Le cose non cambiano, la storia non ci insegna nulla. “Condominio terzo piano scala B” è quella visione condominiale cantata spesso nella musica italiana. Canzoni d'appartamento, citando solo per caso Morgan, che però spiegano bene il testo adagiato su un funkettino leggero. La vita di coppia raccontata attraverso... il buco della serratura, mentre fuori il mondo è un delirio. Il cantautore duetta con Roberta Carrieri, una sorta di “Claudia Mori” della storia. Da questo quadretto si salta alle chitarre nuovamente funk di “Perdersi” ma su tutt'altro scenario intriso di precarietà. In “Anna Vorrei” c'è il volto di ogni donna entrata nella vita del nostro, in qualsiasi forma e sentimento, leggiadro il chorus prolungato e diversificato. Sul finale spazio alla tromba di Kholer. 

“La tua finestra” fa entrare una luce che “dipinge le ombre dei cattivi umori” e questa luce non è altro che l'amore. Pezzo con le chitarre sommesse sullo sfondo che resta piatto nonostante la batteria che si inserisce con una marcetta. “Amore tra Parentesi” chiude l'album. Il cantautore ligure sul finale ha mostrato tutta la sua nostalgia, come se non volesse chiudere questo 'capitolo' musicale benchè nuovo. “Non so se può servire”, dice Geddo, dire “Amore tra Parentesti” ma indubbiamente rispondiamo di sì, nonostante sia una “forma sintattica che esprime l'impossibile”, ma meglio dire che so, anziché dire che sapevo. Gli arpeggi della guitar sono di Mauro Vero, gli archi sognanti, di Rossano Villa.



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