Franco Giaffreda la recensione di "Apologia di un destino comune"


“Apologia di un destino comune” (NoiNessUNO Records) è il nuovo album del musicista Franco Giaffreda, una vita dedicata alla sua chitarra. Tra brani rock, ballate acustiche e pezzi strumentali, quello del compositore è un concept-album che racconta la storia di persone comuni, che poi siamo un pò tutti noi, che hanno vissuto ed attraversato il periodo dell'emergenza Coronavirus che inevitabilmente ha cambiato animi e abitudini. E' un disco empatico. Tutti i brani sono stati realizzati nel giro di un mese, durante il primo lockdown. Ad accompagnare Giaffreda in questo lavoro, Andrea Papini (basso), Walter Rivolta (batteria). 


In "2020" l'album prende il via con un energico prog anni '70, con batterie possenti e chitarra elettrica solida, con assoli e virtuosismi old school per procedere verso "Controcorrente" in stile AC/DC e una vocalità grintosa: "Continuamente controcorrente senza una meta..." cercando di capire cosa passa dalla mente degli uomini in questo momento storico. E il fatto di adagiarsi su un piglio così rock significa che Giaffreda ci ha messo tanto cuore e stomaco. 

Lo si intuisce anche in "Oltre la tempesta" con l'irruenza di un temporale arriva il nostro, con il piglio rockeggiante che gli si confà: "Non importa il genere o l'interpretazione, il mio cuore dice di sì... e non mi fermo qui" è esaltante. "Niente ha più senso" ha dei riff ficcanti, più riflessivo dei pezzi precedenti: "Ti vedo ovunque, abbasso la testa, accelero sempre più" andare a mille serve a non pensare e in certi momenti di solitudine quello che serve è un amore da condividere, un supporto del cuore. Più standard "Solo le nuvole" che passano via come la vita di ognuno di noi "ora in comune abbiamo solo le nuvole... sopra di noi" in falsetto sull'assolo a cui segue un arpeggio nervoso. E' un'esplosione prog "Incredibile Realtà" con tutte le sue sfumature e variazioni sonore che vedono la partecipazione del bassista americano Michael Manring e chitarre cupe che fanno molto uso di scale alla Malmsteen. In "Re-legati" 47 secondi killer, nevrotica procede l'acustica che anticipa "Di chi è la colpa", con i tom a marcia afro. Poi il pezzo vira verso l'hard rock con un groove significante.

In "Nel silenzio" l'autore cambia registro, il brano è sinuoso, tipicamente cantautorale: "Tutto è lì immobile... ora che muore il sole non sei qui con me" ed è il vero motivo per dare al disco un momento più riflessivo con un finale spagnoleggiante. Anche "Momenti" ha una dinamica simile: l'acustica si muove morbida "Quando le foglie d'autunno volteggiavano nell'aria mi sentivo vivo" e iniziano i ricordi di quello che prima davamo per scontato. Questo vivere in cattività è ben rappresentato in "Invisibile Vampiro" dove torna il rock possente: "Il mio corpo è un fuoco" pronto ad esplodere, col respiro corto che attanaglia... "Sospeso fra le Stelle" ha una gran parte strumentale eterea, mesta, poi si inserisce la voce: "Il giusto, lo sbagliato mi fissano negli occhi" e i dubbi che assalgono, porte immacolate "una è il diamante, l'altra è una lunga scia"... 

Il finale è lasciato alla title track: "Per tutti quelli come noi che non hanno mai raccolto nulla, che imprecano, si abbattono ma devono restare a galla..." una ballad-omaggio agli artisti e al comparto culturale che in questo lungo anno è stato messo in ginocchio, "il buio all'improvviso"... rinasceremo... 

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