Lei mi parla ancora, la recensione del film di Pupi Avati


Lei mi parla ancora

Lei mi parla ancora si aggiunge alla nutrita filmografia di un autore come Pupi Avati, capace anche in queste immagini di rilasciare garbo, cura ed ironia al servizio di una storia che più tenera non si può. Con grandi protagonisti perfettamente calati nella parte. Prendete un Renato Pozzetto con l’anima a pezzi perché lasciato solo dall’amore di una vita, la splendida Stefania Sandrelli, prendete la dura realtà, i ricordi, l’insopprimibile nostalgia che diventa malinconia e ricordo vivido, che si fa vita nuova, grazie a un libro da scrivere, dal ghostwriter interpretato da Fabrizio Gifuni, idea della figlia, che ha le fattezze e le spigolature di Chiara Caselli, e il gioco è fatto. 

Le emozioni di Avati

Un gioco fatto di emozioni che toccano la sensibilità dello spettatore inevitabilmente, per l’intimità del racconto in se, in cui Avati è maestro, tra flashback (Pozzetto e la Sandrelli da giovani hanno i volti di Lino Musella e Isabella Ragonese) che arrivano puntuali, come, appunto le emozioni. Il film è tratto dalle opere di Giuseppe Sgarbi, il padre di Vittorio ed Elisabetta. Non tutto è messo perfettamente a fuoco, a dirla tutta, soprattutto a livello di sceneggiatura, ma davvero alla resa dei fatti a prevalere è l'amore del raccontare di Avati, immerso nel suo eterno presente nostalgia.

Le frasi

"- Di tutte le malattie che poteva avere, la morte della mamma è  quella più incurabile capisce? Da quella, non guarirà mai"

"- E quindi parlerebbe con la moglie che on c’ è pi? - Si e anche con un fratello di lei coltissimo che non c’è più da un paio d’anni - Siamo sicuri che poi ti pagano?"

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