Resonanz Kreis: la recensione di "Methodology"


Resonanz Kreis è un progetto fondato a Cuneo verso la fine degli anni '90. Un periodo buono per giocare con l'elettronica dark, cosa che continua a fare in “Methodology", album autoprodotto che prosegue quella scia ma destrutturando ancora più marcatamente l'elettro-sound, in libertà di forma e pieno rispetto del groove.

Lo fa in "Doll" che procede a passi spediti, con la sua metrica rigorosa, mentre "New Day" diventa addirittura spettrale, portata via da un vento gelido, fatto di voci silenti, inquietanti, con un rumore sordido di soldi in tasca, verso un altro giorno, un altro viaggio... stesso intro spettrale in "Time to Change" tra lupi e fantasmi, mood notturno, un piano con una bella melodia abbastanza ipnotica. Passi felpati verso "Mainframe", ancora una volta oscura, notturna, algida e metropolitana come le sonorità Depeche Mode.

"Radioactive" cambia scenario con i suoi tamburi afro, ci porta a una dimensione allo stato brado e lo fa sempre con la sinuosità che contraddistingue il sound di Resonanz Kreis. In "Afraid" si recuperano i suoni anni '80/'90; brano underground e cinematografico, è come avere la sensazione che qualcuno ci insegua, da qui la paura che il nostro ci vuole 'mettere addosso' in qualche modo, proseguendo con un ritmo più distorto e ficcante in "I Need Space" e la voglia di cercare il proprio 'spazio' in un mondo, oggi, di restrizioni e mancanze. 

L'album si chiude con "Walkabout" che è l'unione tra new wave e atmosfere tribali - grazie alle percussioni -, un controsenso ben riuscito che non sconvolge, che riesce a dare un senso a questa metodologia, il cui senso è, probabilmente, non averne. 


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