Riff Willer, la recensione di "Streets of Chance"


“Streets of Chance” è il percorso in cui ci guida Riff Willer, ovvero Amedeo Quagliarella che dall’Abruzzo è volato nel Regno Unito per trovare non solo un’altra patria ma il mondo in cui si sente più a suo agio. Il brit, il beat, i suoni english che hanno cambiato il modo di fare pop già un bel po' di anni fa - in cui il presente è figlio di papà Beatles - hanno prodotto nel tempo tanta buona musica. Primo fra tutti Paolo Nutini. Riff è un altro italiano alle prese con le sonorità oltre Manica, ma in questo album dimostra di non essere uno qualunque. Nei continui rimandi ai suoi idoli, dosa il tutto piuttosto bene e con il coraggio spudorato dei ventenni, senza fare smaccatamente il verso a qualcuno. Strade, le sue, percorse intensamente e ancora tante da attraversare per crescere, probabilmente anche per imprimere qualcosa di più personale in un futuro lavoro discografico gli auguriamo non autoprodotto, uno “zampino” necessario per distinguersi completamente. “Streets of Chance” è stato registrato negli studi di Fabio Tumini. 


“Paper Planes” risente di tutto il brit pop anni ’90 sostenuto da distorte chitarre elettriche e una bella melodia come si confà, scacciando il pensiero di una vita diversa senza la musica. Belle progressioni in vista di “Lou”, un beat con tanto di battiti di mani, cantato distaccato a contrasto di un testo onirico, sognante, ma per questo alquanto funzionale. Ficcante la sezione ritmica dove le batterie prendono per mano il brano che contiene anche il suo bell’assolo distorto e lirico. Intro etereo per “Step Outside”, spinte sensuali e voce ben educata all’inglese in pieno stile Gallagher, un solo che è una benedizione, come pioggia pronta a caderti addosso sulla via, la voglia di non ascoltarla e andare avanti verso l’ignoto. Finale che riffeggia e porta il disco “Until Tomorrow”, in un domani figlio di quel viaggio intrapreso in questo lavoro, di scoperte e stupori; un altro brit pop d’antan per il primo singolo estratto del disco.

“I’m not sleeping” inizia con le 6 corde sospettose, cadenzate, con quel mood a cui i Blur ci hanno abituato, che nel chorus vira verso sonorità beatlesiane doc, senza far storcere il naso in questo suo riportarci nel mondo british con l'assolo più folk che mai. Qui non si dorme, qui si crea, si produce con uno sguardo ben saldo al passato. L’unico modo per ‘non sentirsi sbagliati’ fino a che un’onda beat spazza tutto in “Tidal Wave”, tutto lo sporco che rovina bocche e menti insane e Riff canta più ispirato che mai. 

La title track “Streets o Chance” si adagia su una ritmica potente, su elettriche distorte e il cantato in tensione come a non voler sentire le parole tutt’intorno... allora Riff procedi dritto e fai ballare tutti lungo la tua strada. “Rusty Tracks” chiude questo itinerario musicale con un filo di malinconia, perchè è il brano più intimo, fatto di ricordi. Sul finale  interessante gioco di synth anni ’70 su cui Riff potrebbe puntare di più. 




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