Sweet Tooth (Netflix) la recensione



 Sweet Tooth (Netflix)


“Danno la caccia ai bambini come te, non rendergliela più facile... se vai là fuori da solo, la tua testa sarà appesa al muro entro domattina”


La Netflix scende in campo con una nuova serie apocalittica, su come potrebbe finire il mondo. Ed anche qui la causa è un virus, tanto che nei primi minuti sembra fare un po' i conti con la realtà che stiamo vivendo nell'ultimo anno e mezzo. Ma “Sweet Tooth” è una serie che va ben oltre e si immerge nel fantasy e nel mondo dei mutaforma con un'idea bislacca, ma decisamente vincente: dal momento in cui piomba sull'umanità questo virus, cominciano a nascere bimbi per metà umani e per metà animali, a cui tutti daranno la caccia perché credono che siano loro la causa della pandemia. In particolare conosceremo il protagonista indiscusso dello show: Gus (Christian Convery), un ragazzino di dieci anni, per metà cervo, che verrà allevato solo dal padre, “Pubba”, interpretato da un sempre magistrale Will Forte, che costringerà il figlio a stare chiuso in un bosco, in cui l'uomo costruirà una capanna e tutto il necessario per far crescere il bambino nel migliore dei modi, però qualcuno prima o poi scoprirà il loro nascondiglio e a causa di alcuni uomini che vogliono la testa del figlio, l'uomo morirà. Gus trovatosi da solo, dovrà farsi coraggio e decidere di uscire fuori da quella gabbia e lì farà la conoscenza di Tommy (Nonso Anozie), un omone grande e grosso con un passato da cacciatore seriale, che a piccolissimi passi si affezionerà a Gus e cercherà di proteggerlo ed aiutarlo nel cammino verso la California, dove dovrebbe vivere la madre di Gus. Nel cast anche il Dottor Aditya Singh (Adeel Akhtar), un uomo che sta facendo di tutto per aiutare la moglie a non morire e che cercherà di trovare una cura dopo aver scoperto che una donna sta cercando un antidoto dietro una tavola calda; e c'è anche Aimee (Dania Ramirez), una donna sola che si nasconde in uno zoo cercando di costruire un futuro, nonostante il mondo intorno sia completamente distrutto. La narrazione dello show non è lineare e a tratti si fatica a capire se ci troviamo nel presente o nel passato, ma è quasi sempre il presente quello che ci viene raccontato. Nonostante un'idea di base pessima, perché ormai di serie tv fantasy e apocalittiche ne abbiamo fin sopra i capelli, “Sweet Tooth” riesce ad essere comunque una serie carismatica, che sembra a tratti una favola e che crea empatia col telespettatore. Certo è che seguire una serie su un virus che ha scatenato una pandemia di questi tempi non è certamente semplice, ma con la trovata dei bimbi ibridi, la serie rende il tutto molto piacevole e accattivante. Ed è sicuramente a tratti tutto molto eccentrico perché una storia che dovrebbe essere drammatica, ci viene raccontata in modo molto stravagante e variegato. “Sweet Tooth”, creata da Jim Mickle, basata sull'omonimo fumetto di Jeff Lemire, con gli 8 episodi che compongono la prima stagione si vuole sicuramente mettere in scena una trama adulta, ma rendendola fruibile anche ai più giovani, perché è chiaro che la serie si voglia rivolgere al pubblico di tenera età, però è gradevole anche per gli adulti che vogliono tornare un po' bambini.


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