Dettori-Moretti, la recensione di "Animas"


“Animas” è il punto di incontro perfetto tra Beppe Dettori e Raoul Moretti, due anime che camminano insieme live dal 2012, giunti prima al disco registrato dal vivo S’incantu e sas cordas” e all’album “Incanto Rituale, omaggio a Maria Carta”, la voce sarda per eccellenza. In “Animas” (Undas edizioni musicali), i due si guardano, si parlano e si conoscono musicalmente a memoria, nonostante il diverso background fatto di tradizioni diverse: Dettori è figlio di una terra mediterranea e selvaggia, viscerale; Moretti ha origini italo-elvetiche e la sua arpa è la piena dimostrazione di un amore. Quando i due mondi si incontrano, nella loro diversità, non possono che sprigionare il meglio, nell’intelligenza dei due artisti, che riescono anche ad abbracciare un ricco gruppo di colleghi che intervengono sul disco: Paolo Fresu, Franco Mussida, Davide Van de Sfroos, Gavino Murgia, Cordas et Cannas, Max Brigante, FantaFolk, Lorenzo Pierobon, Stefano Agostinelli, Daniela Pes, Cuncordu e Tenores di Orosei, Massimo Cossu, Massimino Canu, Andrea Pinna, Giovannino Porcheddu, Federico Canu, Flavio Ibba e Tenores di Bitti Remunnu ‘e Locu. Tutti da menzionare per l’apporto puntuale e importante. Il risultato è uno dei migliori prodotti di questa, purtroppo nefasta, annata. 



Oro e diamante”: … e chitarre possenti, in primo piano, con la vocalità di Dettori in stato di grazia e i riff d’arpa di Moretti a donare groove: “Il tuo viso, le tue mani, la tua voce. L’energia, la speranza, la magia. Il tuo sguardo, la saggezza, la volontà, il tuo canto, la tua vita, la tua croce… una melodia”… ed è “ritmo incessante” puro. 


"Continuum (serpens qui caudam devorat) vive due anime”: l’intro affidato al coro dei Cuncordu e Tenores di Orosei, con l’arpa ipnotica e melodica e ricca di speranza; la seconda parte è in inglese, più malinconica, riflessiva. 


“Anime confuse”: un connubio di suoni e sonorità, “accorda la tua anima, scordando ciò che sei”, un pò troppo ridondante con l’arpa elettrica e la tromba, comunque degna di nota, del magistrale Paolo Fresu. 


“Animas”: …che si fondono in un coro, con Daniela Per, Federico Manu, Giovannino Porcheddu e Dettori. Le chitarre ritmicamente curiose, l’arpa che sembra quasi un piano, le percussioni mediterranee in questa canzone lirica e di una bellezza dirompente, femminile… 


“Le distopie di Orwell”: gli animali e la forza di ribellarsi, the big brother e il grande occhio, il regno del terrore, è tutto dentro questo brano per l’appunto dispotico, che il sax di Gavino Murgia rende inquieto, dove l’arpa entra a metter pace, a colorare un presente buio: “Io vorrei potermi risvegliare da questo spaventoso incubo”.



“Eziopatogenesi”: “le risposte ai perché”. E non poteva, in lockdown, questo disco, risentire del nostro presente, di una pandemia mondiale… Eziopatogenesi, ovvero la scienza che studia l’origine delle malattie, con l’arpa che perseguita la voce cupa del suo fratello musico… 


Figiurà”: si muove tra le corde dell’arpa e quelle della chitarra di Franco Mussida, che dona un respiro più contemporaneo, mentre Dettori guarda in profondità, scava oltre la vita, e nel suo dialetto stintinese affronta la tematica della morte, in maniera lirica e senza timore, con grinta e fermezza, perché oltre le bruttezze di questo mondo c’è bellezza, ricchezza…


“Ommini d’eba”: è un doppio nodo che lega Beppe Dettori a Raoul Moretti, tradizioni diverse che si incontrano e si ispirano a vicenda, con il contrappunto preciso di Davide Van de Sfroos che nella seconda parte interviene in laghee, dialetto di Como, città di Moretti. Storia di contrabbando, di durezza della vita, storia di una volta che si muove dentro una ballata alla De Andrè dal richiamo medievale, grazie al violino di Andrea Pinna. Flavio Ibba invece dona spessore al pezzo con il suo basso. 


“Sardus Pater”: in lingua sarda, ha una ritmica calzante, una preghiera al Dio dei mari, una vera e propria danza, un richiamo: “Ci vorrebbe amore in questa vita…” cuore e sentimento verso l’altro, anche “fatica e sudore”. Il brano gode dell’organetto e del flauto (tin-whistle) dei FantaFolk e del duo Massimino e Federico Conu, al basso e percussioni. 


Cose dell’anima” ha un intro noise e Dettori: “E mi sono aggrappato al tuo sguardo che già aveva previsto tutto”, guardando nell’anima e a “mettere ordine” su un manto non invasivo ma distorto e sincopato su cui si adagia delicatamente l’arpa di Moretti. 


Battordichi Pinturas Nieddhas (Fourteen black paintings)”: acquisisce un’anima sarda, con la vocalità di Lorenzo Pierobon, con le corde di Massimo Cossu dei Tazenda e i drums di Federico Canu, eterea come l’originale di Peter Gabriel ma più immaginifica, trasognante non a caso: “Dal dolore nasce il sogno, dal sogno nasce la visione, dalla visione provengono le persone e dalle persone viene il potere, da questo potere viene il cambiamento…”

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