È stata la mano di Dio, la recensione del film di Paolo Sorrentino

 



"- Perché siete tutti così deludenti, quando è che siete diventati tutti così asserviti"

"- Ma quanto era bona Zi Patrizia oggi, tutta nuda... da uno a cento? - Un miliardo - Se tu dovessi scegliere Maradona a Napoli o una chiavata con Zi Patrizia chi sceglieresti? - Maradona"

"- Ma perché non ci compriamo il televisore con il telecomando come tutti? - Non dicere cazzate io sono comunista”

“- Ma quanto u munno è strunzo uno va a comprare un attimo i gelati e si ritrova il marito a Poggioreale”

“- Come stai ti mancano i tuoi genitori? Che domanda del cazzo Baronè - Hai ragione, è una domanda del cazzo”

“- La realtà non mi piace più, la realtà è scadente ecco perché voglio fare il cinema”

“- La tieni una cosa da raccontare? Quando sono morti non me li hanno fatti vedere - Non ti disunire Fabio”


È stata la mano di Dio, del regista premio Oscar Paolo Sorrentino, narra l’adolescenza e il passaggio all’età adulta di Fabietto Schisa. Il film è diviso in due parti, come già nella precedente opera di Sorrentino, Loro. Ad una prima parte da commedia all’italiana nel senso più nobile del termine, fa infatti seguito una seconda parte decisamente più cupa ma di estrema intensità.

 È stata la mano di Dio è stato presentato come il film più personale di Sorrentino, in quanto la vicenda narrata è autobiografica. Traspare infatti dalle immagini un affetto particolare, di calore, senza mai giudicare i personaggi e le loro scelte di vita.  Il regista napoletano riscopre gli odori e i sapori di quei primi anni ottanta.  Nella sua famiglia allargata e decisamente sui generis, con personaggi ben caratterizzati, ritratti in maniera lucida e consapevole anche nel loro essere per più di un verso surreali e ciò che più conta mai macchiette fine a se stessi, ma essenziali al mood della storia, per descrivere Napoli (e l’Itala) di quei tempi, che attende l’arrivo del Dio del calcio, Diego Armando Maradona. 

Il tutto, immerso in un alone quasi “magico”, poetico e passionale, dove è impossibile non emozionarsi, grazie anche alle pennellate d'autore del regista che si serve degli spazi naturali per far trasparire la voglia di libertà che contraddistingue in un certo qual modo, tutti i personaggi.

Ottimamente recitato da un cast che vede oltre al credibile protagonista Filippo Scotti,  "il solito immenso" Toni Servillo e il duo composto da  Luisa Ranieri e Teresa Saponangelo, perfettamente calate nella parte di due donne forti ma completamente agli antipodi. 

Un film intimo e di puro amore per le proprie radici, la propria città e per chi l’ha fatta ancora più grande (De Filippo, Troisi, Daniele oltre naturalmente a Maradona) e il grande amore per il cinema (Fellini, Leone, Capuano) che arriva come un colpo di fulmine, come il primo vero grande amore, che segna la distanza, il passaggio, del ragazzo che troppo presto è dovuto diventare uomo.

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