Il Sol dell'avvenire, la recensione del film di Nanni Moretti

 


Il Sol dell’avvenire ci riporta un Nanni Moretti che fa i conti con la sua gioventù, i suoi ideali, i suoi celeberrimi topos - in un film già visto e che fondamentalmente non c’è, a livello di sceneggiatura quanto meno, dove c’è l’ennesimo film da fare, sul comunismo e la sua fine, verso la svolta socialista, ambientato negli anni cinquanta  con Silvio Orlando e Barbara Bobulova protagonisti- il film che si vorrebbe fare, in pratica una sorta di videoclip di canzoni italiane più o meno recenti e un altro “Il nuotatore” che tra una piscina e un’altra si perde letteralmente sullo schermo - Nel mezzo una storia che si trascina malamente tra Giovanni, l’alter ego di Moretti e la moglie, interpretata da Margherita Buy, che è anche produttrice dei suoi film. Un Moretti minore, che guarda al passato, spesso con nostalgia e che tenta via via di riannodare i fili, in primis della sua storia personale, dalla politica alla vita privata, è questo i fattore che emerge preponderante, specie nella sincerità di alcuni dialoghi, dove temi importanti vengono a galla, dalla depressione alla delusione generalizzata sul cinema, ma che si estende alla realtà di tutti i giorni - in tal senso il finale del film è liberatorio con tanti attori che hanno lavorato con il nostro a sfilare su Roma fieri e orgogliosi, come un voler riconciliarsi con la vita stessa. Un film, decisamente personale, una pagina di diario, in cui Moretti si mette a nudo e senza paura di apparire fragile, quasi indifeso, nonostante l’ego di Michele Apicella torni qua e la a farsi sentire, e sono i momenti più divertenti del film… che in fondo non c’è.

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