I
Karbonica non hanno grandi sfumature ecco perchè “Quei colori”
si veste di rock nudo e crudo. I rimandi ai grupponi storici anni '80
e '90, i Litfiba in primis, fa capire come questo sia un disco
stracolmo di chitarre elettriche e di riff abusati.
Questo però non vuol dire che i Karbonica non siano grintosi, anzi,
sanno usare bene le melodie nel rock, alcuni brani sono tutti da
cantare, anche perchè i testi sono abbastanza chiari. E si sente
anche la provenienza del gruppo: la Sicilia ha lasciato tanto nei
loro cuori, è la loro patria. Ma il Sud è il primo a sentire la
crisi di un Paese come il nostro che ci rifiuta continuamente. E c'è
il bisogno quasi in ogni canzone di invocare la propria città, il
luogo natio. Ogni titolo del disco così, sembra un grido disperato:
l'inganno, la rivoluzione, scappare via, la libertà. Questo
ovviamente non basta per segnare il rock indie, ma ci si può
lavorare. I
Karbonica sono: Riccardo Trovato (voce/chitarra acustica), Herry
Found (batteria/percussioni), Giuseppe Puglisi (basso/cori), Marco
Miceli (chitarra/cori), Orazio Basile (chitarra).
“L'inganno”:
toni grunge e chitarre graffianti, che non si risparmiano, un po'
troppo ridondanti: “Serve sempre un capo a cui attribuire il peso
di ogni tuo cambiamento”, chi è il burattino, chi il burattinaio?
Sul finale assolo old school.
“Pezzo
d'Africa”: tamburi e tamburelli tra Africa e Sicilia sono solo un
inganno, perchè è rock stile Litfiba, con la chitarra distorta
massiccia e drums scatenati: “Mostrami la tua città, dimmi perchè
tu sei qua, questa non l'America, dammi un pezzo d'Africa...” se
qualcuno avesse dubbi sulla loro identità... il chorus è tutto da
cantare...
“Lei
è musica”: elettriche ad ottave che si aprono a chorus melodici e
riff vecchia scuola: “Vacillanti e talentuose, scimmie urlanti
impertinenti col cervello e senza cuore...” in un mondo senza eroi
la musica dovrebbe salvarci, ma la musica è cambiata.
“Quel
bisogno che”: voce piatta, poco effettata, piacevoli le distorsioni
che danno vita poi ad una balld: “Ora che non dormi più, ora che
non mangi più, ora che i tuoi sogni diventano bisogni grandi come il
mare, bisogno che ti assale”... tra rime baciate il testo non è
granchè.
“Quei
colori”: mood cupo dove è la batteria che sostiene la ritmica,
inevitabilmente: “Questa colonna di soldati troppo bravi ad
annuire, dimmi Dio vale la pena restare in riga come gli altri”...
particolarmente allungate alla Pelù le finali delle parole. Però il
finale leggermente cacofonico cerca di aggiustare il tiro.
“La
tua rivoluzione”: elettriche e basso eccessivamente distorti:
“Vorrei dipingere in cielo i loro pensieri, se sono in buona fede
non hanno che temere”. Il brano prende di mira il sistema politico
e burocratico italiano. Ancora un assolo che tende a dare respiro al
brano.
“Scappo
via”: il disco si prende una pausa, qui è in fase di contemplazione. Classici arpeggi
di elettriche, nella seconda strofa inizia la ritmica. Peccato perchè
poteva entrare solo nel ritornello per creare un diversement: “Scappo
via da qui, scappo via perchè io non so perdere, non so credere che
tu sia vera che tu sia qua contro ogni mia regola...”
“La
tua città”: un rock-base molto melodico per “Ma questa scala
dove porterà se giunti in cima ci libererà da questa città ma tu
non sai cos'è questa città”... dove sono finiti i nostri sogni?
“Ti
racconterò”: pascolo in apertura... poi riff ancora una volta
molto distorti dove è la batteria che scandisce il tempo: “Voglio
un lavoro, voglio un vestito e dare un voto a chi non ci ha tradito,
con qualche accordo stringendo un patto...”. Un altro testo che
parla del nostro Paese. Cosa lasceremo un giorno ai nostri figli? Il
ricordo di quello che una volta era un Belpaese. E da qui si capisce
che quel gregge nell'intro è il popolo italiano. Finale ad ottavi
per un pezzo molto “sentito”.
“Libera”:
è facile citare ancora la band di Pelù e Renzulli ma anche il Vasco
nel suo miglior periodo ma le elettriche hard rock ed il modo di
cantare lasciano pochi dubbi all'immaginazione: “Libera la tua
anima da ogni gabbia... libera la tu mente dagli sguardi, dalle
opinioni della gente”...
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