Ragazze Forty - Grazia Negro



Raccontare i circa 15 anni di carriera di una musicista come Grazia Negro è praticamente impossibile. Possiamo dirvi, credeteci sulla fiducia, che si tratta di un’ottima cantautrice, da ascoltare, da gustare, da… capire. Originaria di Lecce, ha raggiunto l’apice della sua carriera artistica solo adesso, a 40 anni suonati, con una famiglia alle spalle, figli da crescere ed un bagaglio invidiabile di studi e collaborazioni, prima con il gruppo Amarcord come trombettista e poi con il Quartetto Zappalà, per poi far parte degli “Uccellacci” un sestetto avantjazz, balcanico e arabo-andaluso. Un’artista ad ampio raggio che ispira persino l’amico scrittore Carlo Lucarelli che dà vita, nei suoi romanzi, all’ispettrice che prende proprio il suo nome, Grazia Negro. Da quando iniziò a far parte del progetto di Roy Paci, “Banda Ionica”, nacque la loro collaborazione ed ultimamente ha partecipato anche come corista nel disco di “Colapesce” alias Lorenzo Urciullo. Il disco è un omaggio alle ragazze forti o meglio forty, ovvero 40, come l’età di Grazia, a quelle donne che non si arrendono mai e nonostante le mille difficoltà vanno avanti, lottano e vincono, perché sono madri, mogli, figlie, amiche, sorelle… ed hanno la forza di rimettersi ancora in gioco, sperimentando, perchè non c'è più tempo... 

 “I craj”: il brano che preannuncia un disco lungo circa 15 anni di carriera, inizia con l’assolo di sax by Tayone, battiti di mani e tastiere che donano una sensazione anni‘80,anche quando la voce della Negro inizia le prime sillabe… ma poi il brano si riprende nel ritornello jazzato, fresco, dove la cantautrice leccese rimanda alle origini della sua terra… la prima canzone “forte”, come le ragazze raccontate da Grazia, quelle che si lasciano i tormenti alle spalle perché non hanno tempo, quelle che scavalcano i dolori e pensano già al domani… un gioco di parole il titolo, la pronuncia di “I craj” in inglese infatti, significa piangere, ma il pianto ormai è lontano, resta solo craj che deriva dal greco e che in pugliese significa… domani…
“Dopotutto domani è un altro giorno, senza te in qualche modo poi farò, ma francamente io già lo so e col vento andrà via anche una lacrima…”

“L’astronave”: si piega quasi verso una timida bossa, con la chitarra morbida, la batteria “free” pop, fisarmonica e trombe in sottofondo a ricordarci che la produzione artistica è di Roy Paci, non uno qualunque… Grazia Negro ha atteso troppo tempo per uscir fuori, qualche sonorità sembra “antica”, ma un parere lo vogliamo esprimere: quando lo scorso festival di Sanremo ci hanno presentato Chiara Civello come la grande rivelazione del panorama jazz/pop italiano, si sono sbagliati di grosso. Grazia Negro è la vera “rivelazione”, che ne dicano falsi critici, direttori artistici inetti e presentatori sordi.
“Navigando fluttuerà tra comete nebulose nell’universo semmai ti rivedrò…”

“Mi viene un brivido”: il singolo del disco è in realtà una cover niente meno dei “Denovo”, scritta da Mario Venuti nel 1990 che la cantautrice pugliese rifà in stile quasi “retrò”. Il problema vero nelle sue canzoni è che c’è una linea sottile tra il “retrò” e l’antico… antico nel senso di suoni ormai abbandonati, lasciati indietro in quegli anni ’80, dove le sonorità pop erano un pò finte, tendenti ad un soul solo di passaggio e che sarebbero diventate qualcos’altro di lì a poco… ottima comunque la sezione ritmica e i massicci fiati… del resto “il mondo ha fatto un passo avanti e adesso fa due passi indietro”…

Mi viene un brivido dritto sulla schiena, se penso a come usare il tempo che mi resta, mi viene un brivido e quasi mi dà pena dovergli dire adesso, non è qui la festa…”


“Sola cammino”: un intro “indiano” annuncia la “tanghera” fisarmonica di Daniele Di Bonaventura, ottimo musicista e suoni mediterranei di un lungo cammino… di popoli, di storie ed ancora una volta di ragazze forti, di donne “querce” come le radici delle proprie tradizioni… sullo sfondo la Puglia e l’amore per la propria terra… la tromba di Roy Paci sempre indiscutibile. Una canzone magnifica, imponente, divina, ben riuscita la fusione dei ritmi ispanici donati dalla fisarmonica, le maracas e le percussioni a mò di rumba che si mischiano ai colori ed ai sapori del sud d’Italia… e tutto sud è paese… il brano è nella colonna sonora di Roy Paci nel film siciliano “Ristabbanna”, opera prima dei registi Daniele De Plano e Gianni Cardillo… indubbiamente la perla di tutto il disco…
“Sola va, cade la pioggia, il cielo è plumbeo, solo il mare sa com’è questo mio viaggio in fondo se giungerò dove il tramonto è rosso intenso e sarà un posto che…mi aspetta già…”

“Pizzicapoeira”: il brano precedente ce l’aveva preannunciato, adesso ne abbiamo la conferma: a Grazia Negro, piace unire i suoni sudamericani, con il featuring degli Itaiata De Sa, con quelli più familiari del sud… anche la pronuncia tra le due distinte tradizioni si somigliano… la sezione fiati sempre ricca, (ah se non ci fosse!) e un tripudio di voci, percussioni e ritmi della capoeira, una disciplina tra danza e lotta diffusa dagli schiavi africani in Brasile…
 “Cala la sira niura e l’umbra niura se face, intra a nu mumentu me luscisce lu core…”

“Il sogno di volare”: un altro brano scritto a 4 mani con Roy Paci, una romantica danza, in stile rumba, dove la voce della Negro si confonde con quella calda e profonda di Mauro Ermanno Giovanardi. La canzone è stata ispirata dal prossimo romanzo di Carlo Lucarelli, dal titolo appunto, “Il sogno di volare”, non ancora edito e che avrà come protagonista l’ispettrice Grazia Negro, sua omonima. I duetti sono, in generale, sempre molto pericolosi, ma il brano, sorretto dalle sempre eccellenti sezioni ritmiche e di fiati prende davvero il volo…. da segnalare lo xilofono in sottofondo e l’assolo di tromba… sogno...
 “Brucia il sole, bruciano i sogni, fumo di città, sul cemento nomadi scalzi, non rinfrescherà, consumare mille illusioni, sopravvivere e cercare un mondo migliore, un mondo che non c’è…”

“Se tornasse caso mai”: la cantautrice cerca di aggiustare il tiro rispetto alla cover dei Denovo e sforna un’altra cover, portata al successo da Mina in Italia, che era ancor prima un brano inglese… un altro retrò ma questa volta più centrato, con l’intro da giradischi anni ’30. Lo diciamo ancora una volta, Roy Paci ha fatto un gran lavoro con questo disco. Sicuramente il materiale messo dalla Negro era di alto livello e meritava un degno successo, ma la produzione artistica di Roy ha reso il disco un ottimo lavoro musicale e cantautorale. Nella parte in inglese, possiamo riscontrare una vena molto “Simona Molinari”. Certo, ci sono molti anni di differenza tra le due interpreti ma i due percorsi spesso e volentieri si intrecciano…
“Forse forse gli darei un po’ più di libertà e per l’uomo che c’è in lui non combatterei la sua ingenuità…”

“Sola è la terra”: un soul funky abbastanza anomalo per il disco che poi cerca di riprendere il suo cammino nel ritornello, o meglio sembra che l’arrangiamento cerchi sempre di sterzare verso ritmi più sud; ecco perché non capiamo, dopo il primo ritornello, cosa ci faccia un rapper, Primo dei Cor Veleno. Pensiamo che in alcuni brani, magari quelli più datati come scrittura, si sia fatta più fatica ad indirizzare la Negro. Questo brano è stato pensato così, hip hop, ed è stato difficile, a quanto pare, cambiare parere…  talvolta mischiare troppe sonorità non sempre paga…
“Sola è, no non credere, non può resistere, non respiro senza aria, sola è, non far finta che tutto sia inutile…”

“Rimesto enigmatico”: mai titolo fu più appropriato per un inizio mistico, selvaggio, con giochi di percussioni ed un piano lontano…  qui la cantautrice pugliese sembra fermarsi e riflettere… una pausa il disco la merita. Il testo è essenziale e ben fatto anche se la canzone resta abbastanza piatta escluso l’assolo di batteria… ma crediamo che oltre sei minuti di intervallo siano fin troppi…
“Senza più nessuna falsa dispersione, soffieranno venti di futilità, smanie incontrollate, giochi di parole, muse inamidate di celebrità…”

“Senza tempo”: si ritorna al pop con una cadenza molto funky, dove prevale il pugliese come lingua madre e non potrebbe essere diversamente visto che molte immagini impresse nel brano raffigurano la Puglia… la canzone però rimane stabile anche se il ritmo ti travolge inevitabilmente…
“Verrà poi un’altra stagione, all’ombra mi aspetterà e pronunciando il mio nome piano nella notte senza tempo lei mi chiamerà…”

“Vento d’Europa”: anomalo nel contesto del disco, un brano rock con i fiati in evidenza che gli danno una cadenza appena ska, anche se pasticciano e cozzano nel contesto con le chitarre elettriche in bella mostra. Il brano non ci entusiasma, soprattutto musicalmente, invece il testo appare addirittura simpatico, ironico, pungente… da segnalare, il featuring di Andy Moor di “The Ex”…
“Anche il sogno più vero è un bisogno sincero, ma dimentichi un fatto… tu sei un uomo distratto…”

“Caschi indifferenti”: piano etereo, voce soave, strumenti scarni per un brano quasi silenzioso… la canzone è la vincitrice del 5° concorso musicale nazionale dal vivo indetto da Amnesty International “Voci x la libertà – Una canzone per Amnesty”, nell’edizione del 2002… i caschi probabilmente si riferiscono ai poliziotti, a sbarchi di immigrati, di terre lontane, di mare, di valigie ammassate…. ed un suono che non può più tornare… per il resto suoni ipnotici e troppo lunghi per essere ben apprezzati…
“Onda di un mare asciutto, caschi indifferenti devastano poesie in mezzo a giorni stanchi tra raffiche e agonie, non è più non è… non è più non è…”

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