Intervista con i Sine Frontera


Ska, impegno sociale, lotta formano i Sine Frontera. Siete una band davvero interessante che in un certo qual modo vuole continuare il percorso di gruppi come i Modena City Ramblers con uno sguardo new global. Approdate oggi al nuovo disco “I taliani” dove raccontate la nostra (sig!) Italietta… ma raccontateci la VOSTRA Italietta…

La nostra Italia, è l'Italia di provincia, quella dove nelle piazze, nelle famiglie e al bar, si parla ancora in dialetto. E' L'Italia di gente che ha lavorato sodo per tutta la vita, che ha creduto e combattuto per i grandi ideali, come la libertà, la giustizia e la fratellanza e che a sua volta ha cercato di trasmettere alla nostra generazione. Ma è anche quell'Italia, dove oggi si fatica a riconoscerne i contorni. Il mondo è cambiato sotto i nostri occhi e quelle stesse piazze, e quegli stessi bar, oggi sono quasi deserti, o comunque hanno perso buona parte di quell'identità che li caratterizzavano. Oggi è molto difficile avere un idea precisa e sopratutto un ideale in cui credere fortemente. Il mondo si è globalizzato, ma non integrato, anzi le diseguaglianze sono cresciute fortemente, la solitudine è in aumento e la "condivisione" tra le persone avviene solo tramite il web. Questo è il mondo di oggi, un mondo che piano piano ci ha cambiati, che ha cambiato le nostre abitudini e di conseguenza anche la comunicazione tra le persone. Oggi c'è molta più informazione, ma anche molta più confusione, e abbiamo l'impressione che la nostra povera Italia si sia un pò smarrita nelle nebbie delle illusioni, che da molti anni affliggono il nostro paese. Noi come gruppo, cerchiamo comunque di restare attaccati alla musica, quella suonata e cerchiamo sempre un modo per emozionarci e a sua volta emozionare chi ci ascolta. Attingiamo dalla nostra cultura e alla cultura popolare in generale, perchè crediamo che le radici siano fondamentali per far crescere un albero, un albero senza radici non sta in piedi, oppure è di plastica e a noi un mondo di plastica non piace proprio.  


Il vostro cammino, non solo musicale, vi ha portato a girare i palchi d’Europa. Ma avete suonato anche per i detenuti del carcere “Carlo Poma” di Mantova. Mi ricordo una frase detta da Roi Paci nel libro “In viaggio con Manu Chao”: “Ho girato il mondo con Manu ma se un domani dovessi suonare davanti a 10 persone in un centro sociale, io andrò!”… Raccontateci le due diverse esperienze.

Suonare per i detenuti del carcere di Mantova, è stata un'esperienza, anche dal punto di vista umano, perchè abbiamo potuto constatare di persona, la dura realtà delle carceri italiane. Il progetto di recupero, al quale abbiamo partecipato "Musica e teatro in carcere", promosso dall'Arci e dal comune di Mantova, ha visto alcuni detenuti direttamente impegnati nella realizzazione dello stesso, dalla preparazione degli spettacoli fino alle mansioni di tecnico audio/luci. E' stata un esperienza fantastica che ci ha arricchito dal punto di vista umano, perchè abbiamo conosciuto persone "normali", che ci hanno raccontato la loro storia, che hanno sbagliato, ma  se gli viene data una possibilità, forse un domani potranno lasciarsi alle spalle il passato e iniziare una nuova vita. La cosa più emozionante che ricordiamo, fu quando ci salutammo, noi tornavamo a casa e loro alle loro celle, non fu facile! Ci consolò il fatto, che avevamo fatto passare loro, momenti nel quale erano ritornati a sentirsi utili e parte di un qualcosa, che stava in piedi anche grazie al loro "lavoro". 
Avere l'opportunità di portare la propria musica, oltre confine è sicuramente una grande soddisfazione, è bello anche  dal punto di vista del viaggio, perchè visitare posti nuovi e conoscere gente di altri paesi, è sempre una bella esperienza. La nostra è letteralmente una carovana che si sposta, condividendo in tutto e per tutto la vita di gruppo e quindi ogni nuovo viaggio è un' esperienza unica, un ricordo in più che terremo nel nostro bagaglio personale. Ma non è più emozionante suonare all'estero, dove magari non capiscono una sola parola di quel che dici, che esibirti in una piazza o in un locale che invece canta a squarcia gola tutte le tue canzoni. Tutte due hanno in comune il viaggio, la musica e l'emozione, poco importa se il pubblico è formato da dieci o mille persone, l' importante è trovarsi sulla stessa frequenza.


In “I italiani” raccontate alcuni particolari personaggi quali Peppone e don Camillo, Dario Fo, l’Albertone nazionale, Monicelli… che hanno sempre rappresentato e raccontato le due facce dell’Italia. Quella becera da un lato e quella impegnata dall’altro. Ma parliamo di politica, di ex presidenti, pregiudicati, escort ed inciuci…

Non parliamone più, diremmo noi.... di ex presidenti, pregiudicati, escort ed inciuci, ne abbiamo pieni i coglioni già da un pezzo! Quella che stiamo subendo non è politica, è un mantra continuo di niente, che addomestica e addormenta le menti. La loro parola d'ordine è non farci pensare con la nostra testa.  Abbiamo scritto molto su queste tematiche e già le nostre canzoni parlano da sole. Riguardo alla prima parte della domanda, riferita ai personaggi sopra citati, pensiamo che siano un patrimonio della cultura popolare italiana. Noi abbiamo tratto ispirazione dalle loro opere, come tanti altri artisti hanno fatto, significa che le loro opere d'arte, siano esse un film, una commedia teatrale o un opera letteraria, hanno ancora una linfa vitale che ispira e si trasforma generando altre forme d'arte come una canzone, significa che sono vere e che non moriranno mai. Hanno rappresentato l'Italia nel mondo e ci hanno fatto capire come siamo fatti noi italiani, nel bene e nel male. 

Ci ha molto colpito la canzone su Jesse James che rubava ai ricchi per dare i poveri… voi lo citate quasi come un esempio: qualche riferimento attuale?

Purtroppo no! E' da un pò che non si vede in giro uno di quegli "eroi d'altri tempi" appunto, alla Jesse James o alla Robin Hood, che rubavano ai ricchi per dare ai poveri e sfidavano il potere a viso aperto. Oggi si ha notizia solo di banditi con lo scopo di arricchirsi personalmente, sempre di più e alle spalle della povera gente. Ma alla fine anche Jesse James è stato tradito dal suo migliore amico "Bob il Codardo", per qualche dollaro in più! Forse il vero problema sta nell'avidità umana e nella sete di potere, che è insita nell'uomo e la storia si ripete!


Voi che conoscete la scena world… cosa vi piace nel genere sia “dei nostri” che all’estero (a noi piacciono molto i Beirut ad esempio)…

I Beirut, sono un gruppo molto interessante, di tradizione anglosassone e dall'aria vagamente Beatlesiana... ci piacciono molto. Ovviamente ognuno di noi a gusti diversi e tendenze diverse... i Mumford & Sons, sono sempre molto interessanti, i Floggyn Molly... e tanti altri. In Italia abbiamo sentito parlare molto bene di un gruppo che si chiama Sine Frontera, li ascolteremo.... a parte gli scherzi, in Italia ci sono molti gruppi validi e di vario genere, sulla scena indipendente, che non hanno molta visibilità e sopratutto non riescono a suonare, per mancanza di spazi e di iniziative, la maggior parte dei locali (quei pochi che ancora fanno musica live) preferiscono le cover band e per molti gruppi è difficile trovare le porte aperte. Sarebbe bello che tutti questi gruppi potessero avere almeno un'opportunità e una considerazione migliore, da parte degli addetti ai lavori e dalle istituzioni come avviene in quasi tutti i paesi del mondo, dove la musica è tenuta in grande considerazione, come fattore culturale.

Abbiamo detto che siete in tour. Dateci un po’ di date…

Le nuove date sono ancora in programmazione e saranno pubblicate sul sito wwww.sinefrontera.it non appena disponibili. Grazie di questa bella intervista, speriamo di incontravi presto... magari a qualche nostro concerto!



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