Madaus - La macchina del tempo


Grande esordio per i Madaus, da Volterra, "tra carcere e ex manicomio", i nostri tirano fuori il concept "La macchina del tempo" che ha il dono di piacere sin da un primo ascolto, che non è affatto immediato e ci mancherebbe altro, perchè suscita da subito interesse, trasuda passione e sincerità, che sgorga "tra le stanze del tempo" in immagini vivide e in ritratti e storie che non possono lasciare indifferenti, a un ascolto più approfondito, il coinvolgimento è fatto naturale e l'emozione non è da meno. Prima di rilasciare questo album, i nostri avevano già fatto parlare di loro tra premio Ciampi, Tenco, De Andrè... come a rimarcare che se non è musica d'autore questa... Aurora Pacchi alla voce, Antonella Gualandri al piano, David Dainelli al basso e Marzio Del Testa alla batteria. firmano un album poetico, coeso per tematiche musicali e concettuali, capaci di attingere a un ventaglio ad ampio spettro di sensazioni e profumi, scarni, essenziali eppur onirici, melodici quanto basta, "La macchina del tempo" è un album che non può non affascinare:

"100 cani": mood onirico, evocativo, dal cuore ritmico pulsante, impreziosito dagli inserti di pianoforte, senza dimenticare la melodia: "Ti prego portami a ballare, sono luna tu sei mare io mi specchio in te e dopo prendimi alla schiena dai un senso alla catena che mi lega a te...”

"Il profumo della notte": atmosfere jazzy con la batarra in evidenza (antico strumento che unisce basso e chitarra) per i ricordi di un detenuto che si dispiegano nella speranza di un ritornello arioso e convincente: "Il profumo della notte sa di polvere e di sale e sussurrano le onde che si appoggiano alla roccia sono il sasso che sprofonda e che riemerge prigioniero su quest’isola perduta..."

"La macchina del tempo": la traccia che ha di fatto dato vita al progetto, ispirata dai graffiti di Oreste Nannetti, degente del manicomio di Volterra, è più variegata rispetto alle precedenti, dal piglio popolare, con dissonanze melodiche nel ritornello che non dispiacciono: "Voglio ridere del tempo che non ha pietà. Voglio vivere il mio tempo che mi cambierà. Vorrei credere in un tempo che non finirà. Voglio il tempo di mia volontà...”

"In nero e in bianco": una vecchia pianola a ventola degli anni '60 ritrovata per caso in uno scantinato, ha una cadenza ritmica decisa venata di nostalgia: "Lui dice: “La colpa è del vento” lei asciuga il suo pianto e in silenzio se ne va. Lo lascia dormire in eterno, là, vestito in nero e bianco. Lui non ritornerà"

"Invitango": minimal e sinuosa, nonchè sensuale, con una grande prova vocale, è a nostro avviso il gioiellino dell'album: "È una stupida follia, anche stasera tra le lenzuola è la mia mano che mi consola. Ti tengo alle mie lacrime, povera me, ma che cos’ho..."

"Temp0": dall'aria scanzonata e complice e dal testo ironico, diverte e convince pienamente: "Inganno i tuoi occhi dolci tingendomi i capelli bianchi, nello specchio attaccato al contrario confondo l’età ed i pensieri ed è tutto straordinario"

"Pre-Potente": strofa sospesa e intensa che si dipana adeguatamente nel ritornello che non ti aspetti, potente e vigoroso, altro vertice dell'album: "Siamo fragili, come bottiglie vuote al luna park, bersagli timidi da cogliere ma impossibili da uccidere. Parlerò solo in presenza di un buon vino che esalti il gusto delle mie parole e le loro sfumature"

"Ti porto via": molto melodica, con la voce in primo piano che delizia letteralmente: "Non lasciarmi sola adesso non sopporto il silenzio dei miei passi sulla neve e il cuore che batte in levare"

"Io non lo so": testo e musica vanno davvero di pari passo, a cominciare dall'uso robotico della voce nella parte iniziale allo svolgimento a tinte reggae che si stempera più che bene nel ritornello: "Non capisco il senso di questa frenetica produttività. Vedo tutti ossessionati da questa mania di comunicatività, piuttosto che tutti questi fastidiosi eccessi di competitività. Preferisco la mia casa il pianoforte e il silenzio delle mie perplessità..."


"Ombre cinesi": a chiudere il disco, interamente strumentale, immaginifica e solenne.

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