Stella Burns aka Gianluca
Maria Sorace, già voce e leader degli Hollowblue con questo “Stella
Burns Loves you”, sforna un gioiellino intimista e ricco di fascino, 13 brani
più due strumentali (ad aprire e chiudere l’album) che trasportano
letteralmente altrove, coi loro suoni avvolgenti e intensi, intrisi dello
scorrere del tempo… in tal senso si può parlare di “space ballad”, sospese e
suggestive, grazie anche all'utilizzo di microfoni e tastiere vintage, effetti
degli anni '50, '60 e '70, autoharp, ma anche banjo, mandolino, cigar box
guitar e, ovviamente, la sua inseparabile Stella, una chitarrra americana della
Harmony. A tal proposito grandissimo il lavoro fatto sugli arrangiamenti, fondamentale,
che accentua il valore dei singoli brani, come in “Ordinary man”: dove gli interventi strumentali sono innestati
con dovizia certosina e vanno a costituire di volta in volta un corpus unico e
variegato sulla chitarra acustica
portante e gli inserti di pianoforte e in “Morricone”: dove i soli di chitarra e i fiati si danno il cambio e
fanno quasi a gara a restituire un senso di epicità al contesto e come non
citare il continuo crescendo di “A little piece of blue”. Canzoni che hanno
molti aspetti cinematografici, in particolare “The night of the tears” con una
parte iniziale da brividi, col vociare sordo in lontananza che il pianoforte
finisce per sovrastare e “Another call is what i’m waiting”, allo stesso tempo
delicata e misteriosa… come è anche la splendida “Over the sea”:col pianoforte, ballad eterea coi fiati nel ritornello, malinconica e suggestiva e “Tiny missy
F”. C’è poi la perla oscura ed evocativa, col falsetto sugli scudi, alla Jeff Buckley,
di “Swans” con un ritornello che cresce di pathos e il mood sognante dalla
melodia obliqua di “Russian eyes”; più ritmiche e trascinanti sono invece la
titletrack “Stella burns loves you”: folk country, coi violini in evidenza, il
blues “You can’t be safe from the effects of love”: dai sapori doorsiani, specie
nel ritornello, il mantra “Who burned the town?”: folk blues, dall’incedere
ipnotico, con tanto di voce filtrata e venature psichedeliche e “The big tide”:
folk country ammaliante e dolente nel suo dipanarsi con l’armonica a
rischiarare sul finale. In estrema sintesi, Stella Burns Loves You, è un album
coeso e profondo, antico e nobile nel suo donare “calore”, intimo e immaginifico
nel suo emozionare.
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