Il supergruppo composto da Lef (Obake, Berserk!), Colin Edwin (Porcupine Tree), Pat Mastelotto (King Crimson) e Carmelo Pipitone (Marta sui tubi) inizia
questa settimana dall'Italia il tour europeo per presentare
l'album "Inflamed Rides", uscito a Ottobre per Cargo Records.
“Inflamed Rides” è album che racchiude tutte le influenze di quattro
musicisti sopraffini per tecnica ed esperienza, capaci di regalare pezzi
multiformi, difficili da incasellare, che esplorano il subconscio
attraverso storie oscure e fantastiche: c’è il grunge come nell’iniziale
“Jellyfish”, ma “Inflamed Rides” non è un disco grunge; ci sono dei
musicisti prog ma del prog rimane solo l’attitudine alla musica e
all’esecuzione, con qualche legittima citazione; ci sono delle
componenti mathrock, i saliscendi (“Breakdown”) e la psichedelia
acustica (“Pyre”, il cui video è un piccolo capolavoro di animazione,
anche in questo caso un gioiello realizzato in autonomia dallo stesso
Lef in collaborazione con Nanà Oktopus Dalla Porta); ci sono gli anni 90
rivisitati e stravolti, come in un grande calderone che ribolle e
cambia consistenza di continuo. Pezzi come “Funfair” o “Bed Of Stones”
vanno ascoltati facendosi investire dalle ritmiche ossessive, dalle
escursioni di dinamica, fino a incappare nella frase che dà il titolo
all’intero album, o proiettandosi in mondi paralleli popolati di
personaggi strani, inquieti e inquietanti. “No Need” parte con un giro
di chitarra acustica killer, a cui gli O.R.k. attaccano dei brandelli di
Mad Season, fino all’andamento impazzito e totalizzante di “Vuoto”,
l’unica canzone con un titolo e un testo in italiano. La complessità di
ogni singolo brano degli O.R.k. è qualcosa che stupisce e sembra
arricchirsi ascolto dopo ascolto: così mentre “Dream Of Black Dust”
dipinge un sognante quadro mattiniero, mentre si coglie un valzer in
lontananza, personaggi sempre inusuali e qualche domanda di troppo in
testa, quello che succede musicalmente è un viaggio nel viaggio, che
sembra sfociare nella successiva, bellissima, “Funny Games” e si
conclude nella finale “Black Dust”, un brano strumentale che non esplode
mai, una dilatazione che lascia maggior spazio alla tromba di Paolo
Raineri (già presente in “Dream Of Black Dust”) e che conclude questo
giro del mondo, ispirato al “pragmatismo delle orche” e realizzato a
distanza tra chilometri di mail. Un album che nasce dall’immaginazione e
dalla capacità di pensare l’impensabile di artisti di primissimo
livello che inventano un modo per trovarsi e fanno quello che più amano:
scrivere e arrangiare canzoni. E la parte migliore di tutto questo è
che “Inflamed Rides” non è un one shot per collezionisti, ma il
primo capitolo di una storia ancora tutta da scrivere, anche dal vivo
tramite questi imperdibili appuntamenti. Una storia che ha già due
illustri e fedelissimi fan: Robert Fripp e Tony Levin.
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