LaScimmia è l'album omonimo di una giovane band nata a Treviso e prodotta da Sisma e Dischi Soviet Studio, per mano di Giulio Ragno Favero del Teatro degli Orrori. Un lavoro che, come piace sottolineare alla band, è nato in poco tempo per dare quell'impronta di immediatezza e di precarietà, diciamo noi, che però è funzionale al lavoro che così risulta nuovo nonostante strizzi l'occhio al punk e al pop rock d'antan e se lo fa cerca di reinventarsi. Non sa affatto di “anni '90” e questo può solo fare bene al disco che si muove tra solitudini e mondi intimisti, tra pensieri rivoluzionari puntando il dito contro gli arresi, i morti dentro. E' vero, c'è primordialità in “LaScimmia”, ma visto come recupero dei valori, non solo musicali ma proprio concettuali, per guardare avanti. Lo sanno bene Gabriele Marino (voce e chitarre), Andrea “Chad” Albani (batteria), Enrico “Pouls” Poletto (tastiere), Federico Scuderi (basso), di cui sentiremo parlare ancora.
"Galassie
E Deserti": intro futurista dove prendono vita dei riff cupi e
ipnotici, lo stesso lavoro compie il basso, un vestito da cucire
addosso ad un pop-rock vivo, pieno, grintoso, senza orpelli, nudo e
crudo soprattutto nel finale, con uno sguardo alle origini: “E ora
è chiaro ormai che tu mi ferirai, si accende la tua luce ma sorrisi
non ne dai...” ma si accende anche la melodia nel chorus.
"Delirio
Di Onnipotenza": … in questo punk, di elettriche possenti in stato
di grazia, è proprio il caso di dirlo, la vocalità netta di
Gabriele Marino si fa spazio e si sposa con i suoi musicisti. Alla
prima parte tiratissima si contrappone la seconda, in cui il brano
cerca di respirare e forse aveva bisogno di meno cori. Ma il finale
raggiunge l'apice con riff killer: “... le scimmie cantano, solo i
miei dei che cadono e tu lasciami soltanto questo delirio di
onnipotenza...”
"Tempokane":
pioggia battente ed un'acustica a svelare una ballad arricchita di
armonici: “Le cose cambiano col tempo, cicli di anni sembran
mille. Solo miliardi se vuoi. E tu sorridi di nascosto da quello
specchio in macchina...”. tanta introspettività che si
interroga sui milioni di solitudini che ci passano accanto. Finale
ancora futurista ma etereo...
"Fiori
Nuovi": punk rock più deciso nel singolo dell'album che qui risente
della cultura di un ventennio fa, ma senza farlo pesare, non ha, per
fortuna, quei suoni finto-anni '90 e risulta fresco ed attuale, insomma, “decide di crescere”: “Quello che tu non sei non sarai mai...
non sarai mai, mai”.
"Il
Mare": testo molto “solitario”: “Stasera io e te sai com'è con dei tubi e quel disco e
lei potrai amarla una volta al mese e sai ogni volta che vedo un
pino mi ricorda... il mare”, riuscendo nel difficile compito di
coniugare l'italiano a sonorità “english” qui morbide, con gli
armonici che annullano lo spazio-tempo donando un'area vagamente
Radiohead...
"Altopiani":
“Ci si divide in questa terra, stiamo ascoltando la stessa musica.
Andiamo avanti senza capire, non ci saranno differenze sugli
altopiani in questa vita non contano più le parole...”
l'elettrica come un mandolino gioca con le note, lasciando vivere in
pace le tastiere. Ma è il finale che rende questo uno dei migliori
brani: esplode nella sua fierezza, senza paura, come un cuore che
pulsa e che è vita...
"La
Verità Sta Nel Pezzo": l'intro dei cori questa volta non sono
tirati, ma misurati, dove le influenze indie vengono fuori come non mai. Poi il
ritornello spezza e si fa potentemente rock: “Forse dovrei stare
attento a cosa fare, a cosa dire a che pensare, vedendoti così
stupito”, la presa di coscienza non è “nascondersi dietro un
dito”. Perchè a 20 anni nessuno può toglierti la speranza: “La
noia è un cancro... dimmi qualcosa di più vero, ma vero che
cos'è?”. Finalino noise...
“Legione”:
un pezzo elettro-shock, dove riff nervosi dialogano spesso con la
batteria. Qua e la delle venature dark molto alternative emergono e
ora si nascondono per creare un nuovo mondo, un nuovo punto di vista:
“Come vorrei capire tutto, come vorrei tutto distrutto. Non avremo
più difese, saremo solo io e te...”
“Come stanno le cose”: intelligentemente un intro che mette ordine con le tastiere che irrompono tra le elettriche che si infiammano a tratti: “Ed è chiaro da quegli occhi che per te non c'è più niente da fare e a te, a te non frega niente... le tue ideologie avranno quasi 100 anni. Stronzo!”. Contro chi non lotta più al fianco di chi ha un futuro davanti a sé da calpestare perchè “sei solo ed hai paura”...
“KRAKATOA”: pezzo che sicuramente funziona bene live, un vulcano rockeggiante, che sa di teen spirit, come la band ci ha abituato, ma qui il basso sostiene la ritmica molto bene nella strofa: “Quello che penso, quello che penso non posso dirlo davvero. Non me ne pento neanche un po' lo rifarei”...
“Vado A Ballare La Tekno”: l'album si chiude con una semi-ballad pop-rock poeticamente oscura, con un sound che cattura nonostante la precarietà dei sentimenti: “Non lo dirai a nessuno, questo amore temporaneo non è difficile, non è legame...” e termina incorporea più che mai...
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