"Bit Generation" è un trattato sociologico prima di tutto, poi un progetto
musicale di Lello Savonardo – prodotto da La Canzonetta Record con
Aldo Foglia, Raffaele Lopez e Giuseppe Scarpato - che, fuori dalla
cattedra, qui ha ha incontrato diversi artisti, Edoardo Bennato e gli
Almamegretta, Maurizio Capone ed il rapper Ciccio Merolla, i dj
Danilo Vigorito e Gianluca Tripla Vitiello, il bluesman Gennaro
Porcelli ed il musicista Giovanni Block, l'intellettuale Derrick de
Kerckhove ed ancora Claudio Poggi, Renato Marengo ed Alex Giordano.
Tutti nomi che però non salvano questo lavoro. Come spiega lo stesso
cantautore, una volta quel movimento BEAT era ribellione, oggi è
condivisione, attraverso i nuovi mezzi del web 2.0. Da un punto di
vista musicale ci sono scelte di suoni e sonorità discutibili che
hanno l'intento sicuramente di fare da corollario al concept di
Savonardo, dove spesso la vocalità predomina sugli strumenti e dove
il suono delle chitarre in certi brani è davvero astruso. Dal punto
di vista dei testi, non vogliamo di certo contestare le teorie
sociologiche sulle giovani generazioni, ma certo è che forse tutto
sembra abbastanza roseo per l'autore. Generazioni sempre connesse,
che superano sì gli ostacoli razziali, i tabù, ma che spesso sono
incapaci di distinguere un'informazione vera da una falsa e che non
riescono più a compiere una rivoluzione. Rivoluzione che invece
prese vita dalla BEAT Generation degli anni '60. In un altro
continente. Non è colpa loro si dirà, se l'Italia da 20 anni corre
verso un inesorabile declino di valori. Ma in questo contesto si
inseriscono anche brani che, testualmente, sono molto, molto deboli.
Bit
Generation (dub version): Se “libertà è partecipazione” la
generazione beat nata negli anni '60 è passata dalla comunione alla
connessione a suon di elettro-reggae, un movimento cadenzante,
giovanile: “E' una generazione che non sta guardare, che scende
ancora in piazza se la gente muore, è una generazione che ha una sua
visione...”, finale spaziale quasi ambient...
lo stesso brano è presente come ghost track “original mix”.
“Always
on”: le chitarre cercano di mimare un funk che cozza col finto pop
anni ’90. Anche la melodia stantia non è granché mentre il
concetto è proprio quello di “generazione connessione”, che
sconfina i limiti, ogni limite fisico e mentale. Ed è questo
sicuramente l’aspetto (l’unico) che gioca a favore dei giovani
d’oggi.
“Il
tempo passa”: “Cammino e le mie scarpe sono stanche di cercare da
sempre una via di uscita…”, una ballad più malinconica, la voce
non è perfetta e biascica troppo la vocale finale in stile Vasco
Rossi. Le paure esistono e il solo bisogno è di fare entrare
qualcuno nel proprio mondo, perché il dolore in due è più
sopportabile.
“L’equilibrista”:
un testo che risente molto del suo autore Edoardo Bennato che, come
si può notare dalla sua armonica, è un brano molto dylaniano. Anche
la voce di Savonardo adesso cerca quasi di assomigliare a quella del
rocker napoletano: “Avrei potuto scegliere un altro mestiere di
grande prestigio e considerazione ma nonostante i miei dubbi che ci
posso fare il circo è una droga a cui non so rinunciare”…
“I
nuovi padroni”: melodia pop-rock con un testo rappato: “I nuovi
padroni sono spesso arroganti quando conviene dinnanzi ai passanti,
per sfoderare i loro finti maroni, per divulgare nuove separazioni”.
Un consiglio: lanciate il sasso contro i padroni mediatici che ci
fanno il lavaggio del cervello con parole tipo “seguimi”
“ascoltami”, “dimmi sempre di si”.
“Il
disegno di Manara”: qualche synth smaliziato per togliere ogni
tabù. E fino a qui il concetto, visto che di concept si parla, può
in qualche modo rientrare nella tematica. Ma poi Savonardo continua
così: “I tuoi baci, la tua bocca su di me le tue fusa da gattina…”
il testo a dir la verità è imbarazzante.
“Spread
Emozionale V4”: un errore che si fa in questo disco è la voce che
sembra in qualche modo predominare sugli strumenti. Qui addirittura
le chitarre rockeggianti sono ovattate, quasi “nasali” ed il riff
è in pratica quello di “Can’t stop” dei Red Hot: “Dove sei,
siamo già così lontani. Non ci sei e non tornerai domani”…
“Parla
parlami”: “La tua bocca mente spudoratamente, ma la mia passione
ragione non sente…” sapori sudamericani dove il cantautore sembra
più a suo agio e si sente, peccato i fiati nell'intro che sono in
eccesso. Nel finale un gioco di sguardi tra la chitarra ed il sax...
“Il
Sole della Tribù”: “... è la tv dai che ci credi anche tu nella
tv... Bunga, bunga, bunga e poi la danza delle ballerine quelle
carine quelle belle bambine tutte colorate sempre coordinate e quando
viene papi anche straviziate”. Questa generation si scontra con
quella dello showbiz e delle ragazzine escort che diedero scandalo a
Villa Certosa, dimora di Silvio Berlusconi. Il resto è storia...
recente e suoni metallici anni '80.
“Messaggi
segreti”: le chitarre anche qui potevano essere meglio sfruttate.
Cambi di ritmo per dare un segnale: “Lasciami stare, lascia stare
il mio cuore, non ha più parole e non fa più rumore. Lasciami
andare, voglio naufragare, sono la bottiglia, il mio dolore è il
timone”. Spesso i messaggi per comunicare non vengono colti ed
invece sono SoS, richieste di aiuto...
“Ridicolo”:
riff interessanti delle elettriche con poco mordente, ci sarebbero
piaciute più rock, più possenti: “Mi dici che sono un maniaco,
mancato depresso, che si nasconde sempre dentro sé stesso”... a
parte le parole poco convincenti, di certo il finale con citazione
“Che ne sai tu di un campo di grano”, (ri)paga.
Commenti
Posta un commento