The OA (Netflix)


"Pensava fosse liberatorio per la gente sapere che la morte non è la fine. Noi cercavamo solo una via di fuga e continuavamo a credere che l'esperimento fosse quella via di fuga. Ci sono voluti anni, ma ogni volta Homer ci si avvicinava un po' di più"



Ancora una volta la Netflix ci colpisce come un pugno allo stomaco e ci spiazza, inaspettatamente, con questo nuovo gioiellino seriale che si chiama: “The OA”, show che ha creato subito scalpore, curiosità, perplessità. I critici non hanno saputo definirla, perché fondamentalmente piombata dal nulla e poco pubblicizzata, è divenuta in brevissimo tempo un successo nei download e da molti è stata vista come la nuova “Stranger Things”. Gli autori in realtà puntavano proprio su questo effetto a sorpresa: "Abbiamo chiesto agli attori di non annunciare che avrebbero recitato in questa serie ed avevamo un logo in Braille per indicare The OA, così quando abbiamo girato a New York non ci sono stati segnali di quello che era lo show", ha affermato Batmanglij, ideatore dello show. 


“The OA” infatti ha sorpreso notevolmente, perché è una serie imprevedibile, indecifrabile, assolutamente criptica e per questo motivo impossibile da abbandonare, nella quale anche il suono di una freccia, la sensazione del vento sulla pelle, il fruscio dell'acqua, risultano fondamentali. Tutto ciò grazie soprattutto alla notevole interpretazione di Brit Marling (anche ideatrice dello show insieme a Batmanglij), che ha un ruolo importante, quello di una ragazza cieca che muore per sette minuti, ma quando torna in vita riacquista la vista. Prairie Johnson, questo il nome della ragazza, rimasta orfana da piccola, poi viene adottata e diventa una giovane come molti altri, con sogni e aspirazioni per un futuro migliore, che un giorno però scompare nel nulla. Il dr. Hunter Aloysius "Hap" Percy (Jason Isaacs) sta eseguendo da anni esperimenti su dei ragazzi, di tanto in tanto infatti ne rapisce qualcuno e lo chiude in uno scantinato che somiglia più ad una grotta naturale. 


All'arrivo di Prairie ci sono altri tre giovani con lei, ma soltanto lei è cieca, ed è pure l'unica che tenterà in tutti i modi di fuggire. Un giorno, cerca di scappare, ma non ce la fa, riceve un colpo in testa e si risveglia nel letto dell'uomo, nel frattempo muore per 7 minuti e sogna gli angeli. Si risveglierà con la vista. Potrà finalmente vedere il sole che tanto amava sentire sulla sua pelle e potrà guardare il viso di quell'uomo che per 7 anni la terrà imprigionata in una teca con le parenti di plastica, alla stregua dei pesci in un acquario. Il giorno in cui torna a casa, Prairie si sentirà spaesata, non più adeguata alla sua vita di prima ed i genitori adottivi Abel (Scott Wilson) e Nancy (Alice Krige) non riescono a comprenderla a pieno. La ragazza così crea un gruppo al quale raccontare la sua storia, un pò come succedeva nel "Decamerone" di Boccaccio. 


Ad ascoltarla ci sono: Betty (Phyllis Smith), Steve (Patrick Gibson), Jesse (Brendan Meyer), Buck (Ian Alexander) e French (Brandon Perea). Mentre la fondamentale spalla di Prairie è Homer Roberts (Emory Cohen) un ragazzo in gamba, cocciuto, forte: un "esploratore" così come lo definisce la stessa Prairie. Tutti insieme, tra passato e presente, con continui e ritmati flash-back, creano un cast sublime, malgrado la giovane età della maggior parte di loro, una regia perfetta ed una trama che non stanca mai, tanto che 8 episodi sono assolutamente pochi per cercare di comprendere la vastità di una delle serie più impressionanti ed imperdibili – con un finale assolutamente sorprendente – di questi ultimi dieci giorni del 2016. 


8 episodi, dicevamo, ognuno con una durata diversa, il primo dura ben 70 minuti, il sesto 30, l'ultimo 40, e tutto ciò viene spiegato dalla Marling così: "Volevamo creare uno show come se fosse un romanzo e portarlo nel formato lungo delle serie, senza avere tutti i personaggi fin dal primo episodio e senza avere una durata uguale per ogni puntata. Riuscite ad immaginare un libro con tutti i capitoli lunghi allo stesso modo? Volevamo provare a raccontare qualcosa in cui credevamo". Ed il tutto arriva ancora dalla Netflix, da quello stesso network che in questi quattro anni di vita ci ha regalato serie del calibro di "Orange is the New Black", "Unbreakable Kimmy Schmidt", "Daredevil", "Grace and Frankie", "Love", "The Crown", "Stranger Things", e molte altre ancora, che continua incredibilmente a stupirci, grazie a Brit Marling e Zal Batmanglij, creatori di questa splendida nuova scommessa riuscita: "The OA". Assolutamente da non perdere.

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