Ermal Meta ci ha viziati.
Perchè con la sua precedente storia artistica ne “La fame di Camilla” e
poi con il suo debutto da solista in “Umano”, ci ha fatto sperare
in un pop (elettronico) e commerciale che ha una sua linfa e che
vive. In qualche modo. Anche in “Vietato morire” la sensibilità
di questo “nuovo” cantautore emerge in diverse sfaccettature: c'è
l'Ermal che ti schiaffa in faccia la sua storia, la sua “Amara
terra”, l'infanzia difficile; c'è l'Ermal disimpegnato, con i
testi molto pop che rendono bene in italiano; c'è l'Ermal che scrive
per gli altri pezzoni da prime classifiche iTunes e che magari poco o
affatto calcoleremo (vedi per Emma, Renga o Mengoni); poi c'è
l'Ermal che dosa un pop-elettronico melodico ma molto lineare e che
potrebbe osare molto di più. Ma il mix è più che buono e piace. In
questo secondo sforzo artistico, il cantautore albanese mette dentro
i suoi due dischi per farsi e fare un regalo, come dice sempre lui
stesso. “Umano” lo abbiamo recensito QUI. Ma probabilmente c'è
altro sotto. Ed Ermal Meta ci aveva dato la giusta imbeccata a
Sanremo: come “Vietato morire” è la continuazione di “Lettera
a mio padre” nella versione della “vittima”, per così dire,
anche gli altri brani, come ha svelato, sono l'uno il risvolto dell'altro,
almeno nei contenuti. Analizziamo.
“Vietato morire”: su
disco il brano di Sanremo acquisisce vigore, musicalmente, ma è
indubbiamente il peso del testo che conta, essendo il proseguo
naturale di “Lettera a mio padre”: “Hai smesso di sognare per
farmi sognare, le tue parole sono adesso una canzone. Cambia le tue
stelle se ci provi riuscirai e ricorda che l'amore non colpisce in
faccia mai...” battiti di mani a coinvolgere tutti in un tema forte
come la violenza domestica, una storia vissuta, la sua: “Ricorda di
disobbedire perchè è vietato”, con tanto di citazione dei “lupi”
di Ermal, il suo fan club.
“Ragazza Paradiso”:
l'elettro-pop è sempre abbastanza a suo agio sui testi di Ermal:
“Nei tuoi occhi c'è il cielo più grande che io abbia visto mai e
le tue braccia uno spazio perfetto in cui ci tornerei per sempre...”
con tanto di citazione dantesca: “Beatrice non avrebbe niente da
insegnarti”, sicuramente un brano che potrebbe diventare più
avanti anche un singolo. Bel sound ma indubbiamente più
disimpegnato...
“Piccola anima”: un
piano morbido s'apre nel chorus molto sanremese. Poi nella seconda
strofa entra la voce di Elisa: “Piccola anima, la luce dei lampioni
ti accompagna a casa, innamorata e sola, quell'uomo infame non ti ha
mai capita, sai che a respirare non si fa fatica”. Non abbiamo
dubbi, Ermal Meta i migliori testi, ci scuserà ma è così, li
scrive per sé. Probabilmente perchè li sente propri e qui anche
Elisa viene valorizzata, nonostante sia un brano “fiabesco”...
“Bob Marley”: ritmi
in levare? No, sarebbe anche banale e “come Bob Marley non mi
curerei”. Quindi giù di synth, loop e un'aurea alla Samuele
Bersani vecchio stampo: “Cosa più bella non c'è, tu che fai rima
con me e canto senza un perchè...”
“La vita migliore”:
l'impronta di Vicio dei Subsonica è un pop-dance di synth e mood
spaziali ma frenetici: “E pochi sanno com'è avere il fuoco negli
occhi che carbonizza i pensieri e accende i sogni...” e così non
te la scordi più e ci passi un'estate...
“New York”: acustiche
molto cantautorali vecchio stile: “A New York mancano le stelle, un
milione di finestre la tua qual è, a New York non ci sono stelle,
quanta gente che hai intorno a te, ma a New York non ci sono io...”,
violini inclusi sembra un brano molto “scuola romana”...
“Voodo Love”: “Sono
stato senza te ma tu c'eri sempre seppellita nel mio domani come
fossi un seme... tu sei come il mare, volevo dirtelo”. Testo forse
più banale rispetto ad altri, ma dal mood più cupo e intrigante...
“Rien ne va plus”:
synth anni '80, dance quanto basta, pizzico vintage davvero ben fatto
e musicalmente è il migliore del disco: “Pensi mai a quando tu hai
detto noi rien ne va plus... strano sai che ora tu sia di fronte a me
ma di poco più giù”... nonostante il nostro la abbini alla
precedente “Odio le favole”, sicuramente le chitarre ricordano
“Volevo dirti” sempre di “Umano”.
“Voce del verbo”:
“... amare voce del verbo morire”... piano e voce che qui viene a
mostrarsi nuda: “Ti ho dato un pezzo di cuore ma stati attenta
perchè era l'ultimo che avevo per me, avevo per me...”. La
particolarità del brano è che è diviso in due. Nella prima
immancabilmente viene fuori la vocalità, nella seconda la parte
strumentale; dal 3'48 infatti, viene “il bello”: sintetizzatori,
violini spettrali molto cinematografici, re e regine, maghi, castelli
dell'anima, una gran chicca.
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