Jovanotti - Oh, Vita!


“Oh, Vita!” l’attesissimo album di Jovanotti prodotto niente meno che da Rick Rubin 
- La curiosità era tanta e anche noi di Shake non abbiamo lesinato aggiornamenti su ogni anticipazione del Jova in questa sua nuova creatura che doveva restituire l’artista nella sua più estrema autenticità anche riabbracciando le radici. Sostanzialmente e senza troppi giri di parole, Rubin, toglie dalle ballad classiche del nostro qualunque sovrastruttura, lasciandole tendenzialmente per chitarra, voce e pochi orpelli, rende i “pezzi veloci” meno “plastificati” rispetto alla produzione di Canova, un paio di brani “storytelling” scarni e essenziali e in apertura e chiusura dell’album due pezzi rap che si rifanno al passato, contaminati ovviamente. Il risultato a questo punto è tutto o quasi nel valore di testo e melodia, della canzone in se insomma, non è che Rubin se ne sia lavato le mani, ma ha appunto cercato di far emergere in toto Jovanotti e il suo songwriter che è relativamente “semplice” musicalmente e che come “semplice” scrittore non sempre trova l’amalgama tra le rime e il senso compiuto del discorso, che eccede e si giustifica anche in un sentimentalismo a tratti esasperato. Nella “semplicità” di tutto ciò non mancano ovviamente i lati positivi e il nostro riesce ad “arrivare al cuore” anche con poesia più di una volta, ma non si può certo parlare di un “disco riuscito, di un disco felice” per il nostro, e alla resa dei conti forse ha sbagliato ad affidarsi a Rubin che seppur non volendo l’ha messo di fronte alle sue pecche:

“Oh vita”: ritmica scarna e incalzante per il primo singolo estratto, col ritornello a tinte country, il tutto ricorda Beck. Sul finale "Futura" di Dalla: “Se esiste un dio, forse si forse no, boh Ma ascolto le storie disposto a crederci un po’ Che siamo figli di qualcuna Il resto è tutto da fare Non ho radici, ma piedi per camminare"

“Sbagliato”: folk ballad coi violini nel ritornello a sublimare l’atmosfera: “C’è qualcuno che danza Sotto un cielo stellato C’è una coppia che ride e si bacia Sopra l’erba di un prato Una musica semplice In un mondo intrecciato Una musica giusta In un mondo sbagliato “

“Chiaro di luna”: delicata, intima ballad “romantica fino alla noia”:
“Impazzisco baciando La pelle della tua schiena Quella strada che porta Fino alla bocca tua Non esiste esperienza Più mistica e più terrena Di ballare abbracciato Con te al chiaro di Luna” 

“IN Italia”: funk trascinante coi fiati in evidenza, con tanto di citazioni di Ramazzotti e Dallara nel finale:“Le merde che bloccano i cambiamenti I canovacci dell’arte della commedia a ricordare i colori di scuola media il fuoco dei copertoni sotto al cavalcavia, la bisca clandestina dentro casa mia San Luigi dei Francesci Caravaggio il papa il primo bacio il primo maggio Dove si va cosa si fa questa sera? Fino in cima con una rima Come prima più di prima ti amerò” 

“Le canzoni”: dance minimal, con un ottimo arrangiamento:
“Le canzoni non devono essere belle Devono essere stelle Illuminare la notte Far ballare la gente Ognuno come gli pare Ognuno dove gli pare Ognuno come si sente Ognuno come gli pare Ognuno dove gli pare Ognuno come si sente Come fosse per sempre” 

“Viva la libertà”: filastrocca dall’aria popolare dalla melodia non originalissima, con coro nel ritornello francamente accessorio:“Io ti difenderò, madre dolcissima Esigentissima, fantasmagorica Atletica, magnetica Volatile, poetica Le donne e gli uomini ,gli esseri umani Piante selvatiche e tutti gli animali Spiriti liberi ovunque siate voi Fatevi vivi, manifestatevi“

“Navigare”: dal mood antico, suggestivo, per un testo incisivo:“Mi fa rabbia vedere tutto questo spreco di tempo a inseguire un ordine che non c’è Ognuno che accusa gli altri di errori che vorrebbe commettere da sé” 

“Ragazzini per strada”: cantautorale, intensa, uno degli episodi migliori dell’album:
“E tu come stai? E ti capita mai di stare fermo senza respirare per vedere com’è il mondo senza di te per sapere se esiste qualcuno che ti viene a cercare perché a te ci tiene... Per gridarti: “Io ti voglio bene” 

“Quello che intendevi”: mantra blues scarno e ficcante, altra traccia degna di nota:
“Quando mi parlavi di libertà Allungare la fine dei giorni brevi e opporsi alla forza di gravità attratte verso il centro della terra le cose cadono qualcuno che alza gli occhi e si ribella le cose cambiano” 

“Sbam”: tra ritmiche in levare, dance e tecno… il risultato è un pastrocchio dal ritornello inascoltabile: “Cambiano gli indirizzi passano i motori a scoppio Cambiano le ragioni tutto costa sempre il doppio Magari la religione fosse soltanto oppio è troppo spesso polvere da sparo a un cappio Fa freddo nel letto se non ci scaldiamo insieme L’oscurità circonda chi la teme” 

“Amoremio”: nenia jazzy, col pianoforte portante e altro testo smielato:
“tu Amoremio di nome scritto tutto attaccato che sposti tutte le virgole dopo che io ho parlato” 

“Paura di niente”: altra ballad delicata, con un testo ricco di immagini interessanti:
“ho sentito il tuo respiro dentro al mio e sono stato felice e non avevo paura di niente” 

“Affermativo”: sorta di reading metropolitano notturno con un evocativo ritornello:
“mi ricordo di quando il futuro è passato Non si può vivere in un mondo senza cielo Non si può vivere in un mondo chiuso” 

“Fame”: rap old school con riff repetitivi e ipnotici nella parte finale, inseguendo dissonanze:“In questi tempi l’odio è come una colla Mi tengo questa terra anche se non è il paradiso”

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