America, Sicilia, Africa,
Sudamerica. Una pangea in "Paz" (Puntoeacapo/A1
Entertainment), ultimo album dei Babil On Suite che tornano a darci
una carica incredibile. "Pace" è il filo conduttore dei
temi trattati, dei canti dei popoli, dei suoni del mondo, un connubio
di soul, elettro-pop, funky, world, dance, trip pop che esplode in 11
tracce tutte assolutamente da ballare. Per il vero è un disco da prendere per come è nato, ovvero "un'operazione". Caterina Anastasi, Manola Micalizzi e Geo
Johnson ci danno una lezione da non sottovalutare: la musica è il
più grande mezzo di comunicazione al mondo, più forte della parola
stessa, usiamola bene, col sorriso, anche nei momenti più disperati.
Il mare è profondo per molti in questo triste periodo storico, ma
non dobbiamo mai smettere di tendere una mano. Non solo con chi viene
da un altro paese, ma anche col nostro più prossimo, col vicino, con
chi incrociamo per caso per strada. Ci sono storie che possono
arricchirci e "Paz" ci porta in viaggio verso nuovi mondi,
nuovi volti, per poi tornare a casa. Ed è qui, a Catania, che
ritrovano un amico (Mario Venuti), il ricordo di un grande artista
come Lucio Dalla. Gli altri Babil On Suite sono: Manuele Doca,
Giuseppe Di Stefano, Elisa Messina, Marina Latorraca, Salvo Dub. Una
super band con una forte anima femmina!
"2 Loose 2 Loose"
ci fornisce l'impronta di questa band che qui si abbandona al pop e
al soul made in USA, con un carisma afro-americano molto dinamico,
preso in prestito da Geo Johnson e col piglio funk anni '70 ma
rinnovato di synth... come in "Call Another Boy" una fresca
"I'm Survive" che spinge black grazie alla batteria, alle
voci femminili, una più "nera", l'altra più ammiccante. I
fiati fanno bene ad entrare e a contrastare l'effetto "tastierina"
d'antan del piano. Il sound brasileiro di "Boa Babil On"
richiama il titolo portoghese dell'album, con il piano che fa quello
che vuole; piacciono i fiati in sottofondo di Marina Latorraca. Poi è
tutto sound latini da ballare spudoratamente. Con i Babil il feat. di
Mario Venuti, che già aveva sperimentato queste sonorità in brani
come "Fortuna". Non è da meno "Little Lamb"
deliberatamente ispirata ad un canto dell'artista gospel kenyano
Joseph Tamaru; un "agnellino" come il popolo da ammansire,
che invece qui canta in coro inarrestabile. Molto interessante
l'incursione dei synth di Salvo Dub. Parte con l'inganno etereo "From
the distance" perchè poi entra una sezione ritmica ossessiva.
In quello che si può definire chorus, c'è una vera e propria
apertura dance anni '80 - con una spudorata citazione di "I Feel
Love" - sempre musicalmente attualizzata che è l'operazione più
riuscita in un disco del genere. Cosa per niente facile, in verità.
"You can be free"
è campionamenti, morbide voci - a cui si uniscono anche i bambini
del coro "Vincenzo Bellini" di Catania - il suono deciso
che mima i violini. E sembra impensabile non poter essere liberi in
un posto come la Sicilia, eppure i Babil On Suite riescono a vedere
con gli occhi di un bambino oltre la bruttezza. Un pezzo molto
significativo, testo e parte strumentale. Ed è un tuffo al cuore
quel "Dubudadubudubudà" che inizia "In my Cinema",
con la voglia di risentire ancora una volta la voce di Lucio Dalla,
che negli anni '80, sulla musica degli Stadio, accompagnava i Lunedì
Cinema degli italiani. Il tutto completamente destrutturato dalla
dance dei Babil e da Johnson che ci reppa su. La band vuole rendere
omaggio al produttore del loro primo album, proprio Lucio Dalla. Come
se "Futura" avesse un senso (lato). La title track, "Paz",
ha un chiaro significato che si stende su una forte melodia, da
singolo ballabile in disco, con una bella atmosfera spaziale, da
lasciarsi andare alla pace... "the time is now" d'altronde.
E ce n'è veramente bisogno... se lo si fa cantando col sorriso poi,
ancora meglio.
In "Agora" i
ritmi in levare avvicinano i Babil al mondo della patchanka, a Manu
Chao, a quelle contaminazioni, a chi si sente apolide alla ricerca
costante di una terra che sia casa. Recuperando "Sing it back"
dei Moloko, il trip pop viene accelerato pur mantenendo la sostanza e
vestendo il tutto di una dose più massiccia di elettronica e dance.
Le sovrapposizioni funzionano eccome! A chiudere l'album, "The
Safari Now" e l'Africa con i suoi ritmi tribali simulati da
percussioni, piano e synth, è più vicina.
Commenti
Posta un commento