Alberto Mancinelli - Tutto l'amore che c'era



Alberto Mancinelli torna solista, dopo l'esperienza nata nel '92 con i siciliani “Electric Bayons”, sfornando l'album autoprodotto con "Don" Antonio Gramentieri, "Tutto l'amore che c'era". I brani hanno una gestazione ventennale. Ma in maniera molto intelligente il nostro ne ha dato una rilettura attuale pur mantenendo la nostalgia di certi suoni d'antan, di melodie straniere, lontane. Lo fa senza scimmiottare, ma con una consapevolezza tale di chi sa quello che fa. Il disco vive di ballad sognanti, come vissute e raccontate con gli occhi socchiusi, sotto il sole cocente di una Sicilia d'agosto che in questo fine marzo ancora freddo e ballerino, ci dona un bel torpore. L'uso massiccio delle chitarre sostituiscono l'elettronica che oggi nell'indie abbonda senza per questo risultare antico o retrò. Perchè certi brani sono così languidi e flessuosi da proiettare l'ascoltatore su un'altra dimensione. Ogni canzone è un ricordo, un momento vissuto, passato, con tutto l'amore che si è portato con sè. L'intervento puntuale degli strumenti è importante sia in fase di lavoro in studio sia grazie al parterre di musicisti: Piero Perelli (batteria e percussioni), Nicola Peruch (synth, hammond, piano rhodes), Elisa Ridolfi (voce), Denis Valentini (percussioni, voce), Vicki Brown (violino); il disco è stato mixato da Ivano Giovedì.

"Lentamente": una ballad apre il disco, serpeggiante e distaccata: "Se mi stai di fronte a volte non capisco, ti chiedo come stai, mi preoccupo per niente".

"Incroci": belle le acustiche folk su cui si adagia la batteria che ha atteggiamenti beat, mentre la voce di Alberto canta: "Ma non è la pioggia in faccia ad ucciderti e nemmeno andare soli contromano...". Un'andatura molto King of Convenience.

"E' meglio andare": "Come è lontana quella frontiera, sembra galera qui intorno a me" vocalità dandy, col piglio alla Stefano Rosso. Le chitarre morbide, leggermente effettate, e una ritmica leggera si portano per mano un delicato brano con un finale "siculo"...

"Maggie": il basso si muove funky, le elettriche sono ben distorte. Il pezzo si prende il suo tempo, muovendosi sinuoso: "Maggie fa quello che si sente, Maggie ha due diamanti in viso, Maggie splende come stella in cielo...". L'assolo minimal che gioca su poche corde e quindi dilatato, piace.

"Il Gesto": un sottofondo vibrante e cupo, con le percussioni che sembrano bussarti alle spalle, con un bell'effetto sonoro: "Cerco il colore del tuo mistero e un suono artificiale trasmette antiche ballate sospese nel vuoto...". Incredibilmente sensuale da sembrare una carezza di rumba, con le chitarre "free" e il violino che graffia.

"Corsia d'emergenza": "Il sole splendeva sui binari in Sicilia" e conoscendo l'isola, sarà un "viaggio senza ritorno"... e lento, come lento, quasi stanco, è il sound, con i riff della 6 corde che sembrano attraversare chissà quale deserto texano. Ma il caldo è lo stesso, le lande... meno. Ma Alberto ha il tempo di riflettere nello stordimento e tra "le facce ghignanti". Fa bene fermarsi a pensare.

"Sirene Stonate": l'intro dilatato apre un folk alla Young con delle elettriche distorte che colorano la tragicità del sound. E nonostante si dipani in tutto il disco deve esserci: "Ci muoviamo impazziti come criceti in gabbia sulla ruota e poi ci consoliamo con le nostre vanità a buon mercato... alcuni li credevi amici, su troppi ti sei sbagliato...". L'armonica nel finale sono ricordi e qualche lacrima...

"Singapore": Don Antonio mette su dei bassi curiosi e una lap steel in stile surf music: "Ti aspetterà per un errore mentre paghi il tuo biglietto e il suo valore, ti aspetterà con ardore mentre te ne andrai felice a Singapore", ironica quanto basta.

"Farti male": anche qui l'intro si espande. Ancora un procedere sinuoso, come "arti magiche", con la batteria che finge una marcia: "Mi piace farti male perchè non posso farne a meno, mi piace farti male perchè non vali proprio meno...". Il violino di Vicki Brown dal sapore irish entra a leccare le ferite.

"Da qualche parte": le sonorità sono tipicamente made in USA e qui Alberto si fa ancora più songwriter: "Ci perdemmo da qualche parte ed io non so bene ancora dove...". Tutto l'amore che c'era qui l'autore lo racconta con quel vezzo alla Bob Dylan che lui di certo non nasconde, anzi.



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