Folkatomik "Polaris" la recensione dell'album


I Folkatomik pubblicano “Polaris”, un album ampiamente popular che è un connubio di suoni mediterranei, quasi sempre cupi, arcaici, profondi come il Mare Nostrum. La band giovane, perchè fondata nel 2019, nasce dall’incontro di musici dal bagaglio folk, come Franco Montanaro, tamburellista e cantante, Oreste Forestieri polistrumentista, Valeria Quarta, cantante e percussionista e il noto producer Li Bassi. Il lavoro è sostenuto nell’ambito del progetto “Programmazione Puglia Sounds Record 2022” dell’etichetta italysona che sostiene i lavori della tradizione popolare. 


La pizzica si sente tutta nella title track "Polaris", frenetica e colorata dai suoni e dalla vocalità tipica del Sud del nostro Paese. La stella che guida i marinai verso la rotta del ritorno, tra incertezze e paure, dove il mare è nero come i suoni di questa 'taranta'.

"Quant’ave" è ballabile, cadenzata, cantilenante, con i flauti che vengono da lontano, la possente voce di Valeria Quarta e l’elettronica non ridondante e che nel rinnovare la tradizione, è molto puntuale. Sul disco si trova anche la versione “Radio Edit”. 


“Lu Tirulalleru” va di marranzano (in realtà si tratta di strumenti a plettro), percussioni di spessore che procedono come un cammino, il percorso di due anime che si cercano ma non si trovano. L’assolo di bouzouki entra sospettoso e la parte di synth non fa altro che rendere il tutto molto drammatico.


“Tammurriata” inizia lirica, con i canti degli ambulanti di una volta, che in questa fetta di Paese ancora resistono nei mercati rionali. L’elettronica di Li Bassi è un manto perenne, costante, martellante. Forse troppo. 


“L’aria de lu trainu”, con la voce che ricorda la classica “abbanniata” meridionale, quella di carrettieri, ambulanti e mercatisti che vendono i loro prodotti, ha un sapore balcanico. Una cultura così vicina alla nostra per “migrazione”… 

La storia di “Tira la pinna” è molto interessante e la raccontano in questo modo i Folkatomik: si tratta di un componimento di Domenico Strafaci, capobrigante detto "Palma", nato in provincia di Cosenza nel 1831, che si dilettava a scrive poesie e veniva chiamato "Re di la Montagna”. Le sonorità mediterranee avvolgono il brano…


In “Pizzica di Torchiarolo”, la tipicità salentina viene destrutturata come i nostri ci hanno abituato in questo lavoro. Come per la title track si gioca con un mood ombroso, cupo, ma sempre energico. La “Pizzica di San Vito” è un altro chiaro omaggio, con la 6 corde frenetica e circolare e, probabilmente, il pezzo più tradizionale, nonostante le contaminazioni sonore. 






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